B. Il lucignolo che ancora fumiga
La Rivoluzione attacca la civiltà cristiana più o meno come un
albero della foresta brasiliana, il fico selvatico (urostigma olearia),
che, crescendo sul tronco d’un altro, l’avviluppa completamente e l’uccide. La
Rivoluzione, nelle sue correnti “moderate” e di velocità lenta, ha circondato
la civiltà cristiana per avvolgerla da ogni parte e per ucciderla. Siamo in un
periodo in cui questo strano fenomeno di distruzione non è ancora giunto al suo
termine. Siamo, cioè, in una situazione ibrida in cui coesistono con numerose
istituzioni e costumi rivoluzionari, quelli che potremmo quasi chiamare resti
mortali della civiltà cristiana, aggiunti al profumo e all’azione remota di
molte tradizioni estinte soltanto di recente, ma che conservano ancora una
certa vitalità nella memoria degli uomini.
Di fronte a questa lotta fra una splendida tradizione cristiana in
cui ancora palpita la vita e un’azione rivoluzionaria ispirata da quella smania
di novità cui si riferiva Leone XIII nelle parole iniziali dell’enciclica Rerum
novarum, è naturale che il vero contro-rivoluzionario sia il difensore
naturale del tesoro delle buone tradizioni, perché esse sono i valori del
passato cristiano ancora esistenti e che si tratta precisamente di salvare. In
questo senso il contro-rivoluzionario agisce come Nostro Signore, che non è
venuto a spegnere il lucignolo che ancora fumiga né a spezzare la canna
incrinata40. Perciò egli deve cercar di salvare
amorevolmente tutte queste tradizioni cristiane. Un’azione
contro-rivoluzionaria è, essenzialmente, un’azione tradizionalista.
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