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Plinio Corrêa de Oliveira Rivoluzione e Contro-Rivoluzione IntraText CT - Lettura del testo |
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A. Orgoglio e ugualitarismo La persona orgogliosa, soggetta all’autorità di un’altra, odia in primo luogo il giogo che in concreto pesa su di lei. In secondo luogo l’orgoglioso odia genericamente tutte le autorità e tutti i gioghi, e più ancora lo stesso principio d’autorità, considerato in astratto. E, poiché odia ogni autorità, odia anche ogni superiorità, di qualsiasi ordine sia. E in tutto questo si manifesta un vero odio a Dio26. Questo odio per ogni disuguaglianza si è spinto tanto oltre che, mosse da esso, persone di alta posizione l’hanno messa a repentaglio e perfino compromessa soltanto per non accettare la superiorità di chi sta più in alto di loro. Ma vi è di più. In un eccesso di virulenza l’orgoglio può portare qualcuno a lottare per l’anarchia e a rifiutare il potere supremo che gli fosse offerto. E ciò perché la semplice esistenza di questo potere supremo contiene implicitamente l’affermazione del principio d’autorità, a cui ogni uomo in quanto tale — e anche l’orgoglioso — può essere soggetto. L’orgoglio può così condurre all’ugualitarismo più completo e radicale. Gli aspetti di questo ugualitarismo radicale e metafisico sono diversi: a. Uguaglianza fra gli uomini e Dio: da ciò il panteismo, l’immanentismo e tutte le forme esoteriche di religione, che mirano a stabilire un rapporto da uguale a uguale fra Dio e gli uomini e hanno per scopo di attribuire a questi ultimi prerogative divine. L’ateo è un ugualitario che, volendo evitare l’assurdità dell’affermazione che l’uomo è Dio, cade in un altro assurdo, affermando che Dio non esiste. Il laicismo è una forma di ateismo e quindi di ugualitarismo. Esso afferma l’impossibilità di giungere alla certezza dell’esistenza di Dio. Quindi, nella sfera temporale, l’uomo deve agire come se Dio non esistesse, ossia, come qualcuno che ha detronizzato Dio. b. Uguaglianza nella sfera ecclesiastica: soppressione del sacerdozio dotato dei poteri di ordine, di magistero e di governo, o almeno d’un sacerdozio con gradi gerarchici. c. Uguaglianza fra le diverse religioni: tutte le discriminazioni religiose sono odiose perché offendono la fondamentale uguaglianza fra gli uomini. Perciò le diverse religioni devono essere trattate in modo rigorosamente uguale. La pretesa d’una religione di essere quella vera, a esclusione delle altre, comporta l’affermazione d’una superiorità, è contro la mansuetudine evangelica ed è pure impolitica, perché le preclude l’accesso ai cuori. d. Uguaglianza nella sfera politica: soppressione, o almeno attenuazione, della disuguaglianza fra governanti e governati. Il potere non viene da Dio ma dalla massa, che comanda e alla quale il governo deve ubbidire. Proscrizione della monarchia e dell’aristocrazia come regimi intrinsecamente cattivi, in quanto antiugualitari. Soltanto la democrazia è legittima, giusta ed evangelica27. e. Uguaglianza nella struttura della società: soppressione delle classi, soprattutto di quelle che si perpetuano per via ereditaria. Abolizione di ogni influenza aristocratica nella direzione della società e sul tono generale della cultura e dei costumi. La gerarchia naturale costituita dalla superiorità del lavoro intellettuale sul lavoro manuale scomparirà con il superamento della distinzione fra l’uno e l’altro. f. Abolizione dei corpi intermedi fra l’individuo e lo Stato, come pure dei privilegi specificamente inerenti a ciascun corpo sociale. Per quanto grande sia l’odio della Rivoluzione contro l’assolutismo regio, è ancor più grande il suo odio contro i corpi intermedi e la monarchia organica medioevale. Questo avviene perché l’assolutismo monarchico tende a mettere i sudditi, anche quelli più altolocati, a un livello di reciproca uguaglianza, in una situazione menomata che preannuncia già quell’annullamento dell’individuo e quell’anonimato, che raggiungono la massima espressione nelle grandi concentrazioni urbane della società socialista. Fra i corpi intermedi che devono essere aboliti occupa il primo posto la famiglia. Nella misura in cui non riesce a estinguerla, la Rivoluzione cerca di sminuirla, di mutilarla e di vilipenderla in tutti i modi. g. Uguaglianza economica: niente appartiene a qualcuno, tutto appartiene alla collettività. Soppressione della proprietà privata, del diritto di ciascuno al frutto integrale del proprio lavoro personale e alla scelta della sua professione. h. Uguaglianza negli aspetti esteriori dell’esistenza: dalla varietà scaturisce facilmente una disuguaglianza di livello. Perciò, diminuzione per quanto possibile della varietà negli abiti, nelle abitazioni, nei mobili, nelle abitudini, e così via. i. Uguaglianza delle anime: la propaganda, in un certo senso, uniforma tutte le anime, togliendo loro tutte le peculiarità e quasi la vita stessa. Perfino le differenze di psicologia e d’atteggiamento fra i sessi tendono a diminuire il più possibile. Per tutte queste ragioni scompare il popolo, che è essenzialmente una grande famiglia di anime diverse ma armoniche, riunite attorno a quanto è a loro comune. E sorge la massa, con la sua grande anima vuota, collettiva, schiava28. j. Uguaglianza in tutti i rapporti sociali: fra anziani e giovani, fra padroni e dipendenti, fra insegnanti e studenti, fra marito e moglie, fra genitori e figli, e così via. k. Uguaglianza nell’ordine internazionale: lo Stato è costituito da un popolo indipendente, che esercita un dominio esclusivo su un territorio. La sovranità, dunque, rappresenta la proprietà nel diritto pubblico. Ammessa l’idea di popolo, con caratteristiche che lo differenziano dagli altri, e l’idea di sovranità, ci troviamo necessariamente di fronte a disuguaglianze: di capacità, di virtù, di numero, e così via. Ammessa l’idea di territorialità, abbiamo la disuguaglianza quantitativa e qualitativa dei diversi territori. Si capisce, perciò, come la Rivoluzione, fondamentalmente ugualitaria, sogni di fondere tutte le razze, tutti i popoli e tutti gli Stati in una sola razza, in un solo popolo e in un solo Stato29. l. Uguaglianza fra le diverse parti del paese: per le stesse ragioni, e per un meccanismo analogo, la Rivoluzione tende ad abolire, all’interno delle patrie oggi esistenti, tutto il sano regionalismo politico, culturale, e così via. m. Ugualitarismo e odio a Dio: san Tommaso insegna che la diversità delle creature e la loro disposizione gerarchica sono un bene in sé, perché così risplendono meglio nella creazione le perfezioni del Creatore30. E dice che, tanto fra gli angeli31 quanto fra gli uomini, nel paradiso terrestre come in questa terra d’esilio32, la Provvidenza ha stabilito la disuguaglianza. Perciò, un universo di creature uguali sarebbe un mondo in cui sarebbe cancellata, in tutta la misura possibile, la somiglianza fra creature e Creatore. Quindi odiare per principio ogni e qualsiasi disuguaglianza equivale a porsi metafisicamente contro gli elementi per la migliore somiglianza fra il Creatore e la creazione, significa odiare Dio. n. I limiti della disuguaglianza: da tutta questa esposizione dottrinale non si può chiaramente concludere che la disuguaglianza sia sempre e necessariamente un bene. Gli uomini sono tutti uguali per natura e diversi soltanto nei loro elementi accidentali. I diritti a loro derivanti dal semplice fatto di essere uomini sono uguali per tutti: diritto alla vita, all’onore, a condizioni di esistenza sufficienti, dunque, al lavoro e alla proprietà, alla costituzione d’una famiglia e soprattutto alla conoscenza e alla pratica della vera religione. E le disuguaglianze che attentano a questi diritti sono contrarie all’ordine della Provvidenza. Però, entro questi limiti, le disuguaglianze derivanti da elementi accidentali come la virtù, il talento, la bellezza, la forza, la famiglia, la tradizione, e così via, sono giuste e conformi all’ordine dell’universo33.
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26 Vedi punto “m” di questo paragr. 27 Cfr. San Pio X, Lettera apostolica Notre charge apostolique, del 25-8- 1910, in AAS, vol. II, pp. 615-619. 28 Cfr. Pio XII, Radiomessaggio natalizio ai popoli del mondo intero, del 24-12-1944, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. VI, p. 239. 29 Vedi parte I, cap. XI, 3. 30 Cfr. San Tommaso, Summa contra gentiles, II, 45; e Idem, Summa theologiae, I, q. 50, a. 4. 31 Cfr. Idem, Summa theologica, I, q. 50, a. 4. 32 Cfr. Idem, op. cit., I, q. 96, a. 3 e 4. 33 Cfr. Pio XII, doc. cit., ibid. |
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