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Concilio Ecumenico 1431-1437

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SESSIONE VIII (18 dicembre 1432)

 (Il concilio deve essere unico).

Il sacrosanto concilio generale di Basilea, legittimamente riunito nello Spirito santo, espressione della chiesa universale, a perpetua memoria.

Come la santa chiesa cattolica è unica, secondo le parole del suo sposo, Cristo: Una è la mia colomba, la mia diletta5 e secondo la professione di fede, dato che l'unità non soffre divisione, non può esservi se non un unico concilio generale, espressione della chiesa cattolica.

Poiché, dunque, con i decreti dei sacri concili generali di Costanza e di Siena, e con l'approvazione dei due pontefici romani, Martino V di felice memoria ed Eugenio IV, il concilio generale è stato convocato in questa città di Basilea dove in effetti si è legittimamente raccolto sotto la guida

dello Spirito santo, è chiaro che durante questo concilio non possa esservene un altro altrove.

Chiunque dunque, durante questo sacro concilio osasse convocare e raccogliere un'altra assemblea sotto il nome di concilio generale, evidentemente non promuoverebbe un concilio della chiesa cattolica, ma un conciliabolo di scismatici.

Questo santo concilio, perciò, ammonisce ed esorta tutti i fedeli del Cristo, di qualunque stato o dignità, anche papale, imperiale o regale, essi siano, e li scongiura per il divino giudizio - quel giudizio che la divina scrittura ricorda in Core, Datan e Abiron, autori dello scisma6 - ordina e comanda severamente in virtù di santa obbedienza e sotto minaccia delle pene stabilite dal diritto contro gli scismatici, che durante questo santo concilio non osino fare o raccogliere, magari col pretesto di qualche promessa o giuramento altra assemblea sotto il nome di concilio generale - che del resto non sarebbe tale - o recarvici, o partecipare ad essa come se fosse un concilio generale, o ricorrere in qualunque modo ad essa, o considerarla e ritenerla come concilio generale, o anche solo nominarla, anche se si adduca la ragione che esso è già stato indetto o si tenti di indirlo nel futuro.

Se poi un ecclesiastico, anche se fosse un cardinale di santa romana chiesa, o qualsiasi altro di qualunque stato, grado, o condizione, pretendesse di andare a Bologna o ad altra località sotto il nome di concilio durante questo in atto a Basilea, o rimanervi, incorra ipso facto nella sentenza di scomunica, di privazione di ogni beneficio, dignità e ufficio, e di inabilità ad essi. Quanto alle dignità, agli uffici e ai benefici di costoro, ne venga liberamente disposto da coloro, cui spetta per diritto, anche nel caso che le chiese fossero cattedrali o metropolitane.

 




5 Cfr. Ct 6, 8


6 Nm 16





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