Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Concilio Ecumenico 1431-1437

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

(Forma del consenso).

In nome della santa ed indivisa Trinità, Padre, Figlio e Spirito santo.

lo N., eletto papa, col cuore e con la bocca confesso e prometto a Dio onnipotente, la cui chiesa col suo aiuto mi accingo a governare, e al beato Pietro, principe degli apostoli, che, fino a che vivrò questa fragile vita, crederò e terrò fermamente la fede cattolica come è stata tramandata dagli apostoli, dai concili generali, e dagli altri santi padri, specialmente dagli otto santi concili universali, e cioè dal primo di Nicea; dal secondo, di Costantinopoli; dal terzo, primo di Efeso; dal quarto, di Calcedonia; dal quinto e sesto, ugualmente di Costantinopoli; dal settimo, di Nicea; dall'ottavo, similmente di Costantinopoli; ed inoltre dal Lateranense da quelli di Lione, di Vienne, di Costanza, e di Basilea, concili generali anch'essi; prometto di conservare intatta questa fede fino all'ultima sillaba28, di difenderla e di predicarla fino all'effusione della vita e del sangue; e similmente di seguire in ogni modo e di osservare il rito dei sacramenti della chiesa ad essa trasmesso.

Prometto anche di lavorare fedelmente per la difesa della fede cattolica, per la estirpazione delle eresie e degli errori, per la riforma dei costumi, e per la pace del popolo cristiano.

Giuro anche di attendere alla celebrazione dei concili generali e alla conferma delle elezioni, secondo le prescrizioni del sacro concilio di Basilea.

Ho sottoscritto questa professione di mia mano: la offro a te, con mente sincera, sull'altare, o l)io onnipotente, cui nel giorno del tremendo giudizio dovrò render conto di questo e di tutte le mie opere. Ripeterò solennemente questa professione nel primo concistoro pubblico.

Perché col passare del tempo una cosi salutare prescrizione non venga dimenticata dal sommo pontefice, ogni anno, nel giorno in cui si celebra l'anniversario della sua elezione o della sua incoronazione, durante la messa il primo dei cardinali presenti, pubblicamente, ad alta voce, legga in questo modo dinanzi al sommo pontefice: "Santissimo padre, rifletta la tua santità e consideri attentamente questa promessa che ha fatto a Dio il giorno dell'elezione". Quindi la legga; e in fine dica: "Veda, dunque, la santità tua, per l'onore di Dio, per la salvezza della sua anima, per il bene della chiesa universale, di osservare come meglio può quanto è stato premesso, in buona fede, senza inganno e frode.

Ricordati anche di chi fai le veci in terra: di colui, cioè, che diede la sua vita per le pecore29, che per tre volte, prima di affidarle a Pietro, gli chiese se lo amasse30; e che, giusto giudice, cui nessun segreto è nascosto31, ti chiederà conto fino all'ultimo centesimo32.

Ricordati di quanto hanno fatto il beato Pietro e gli altri pontefici che gli successero. Essi non pensarono ad altro che all'onore di Dio, alla propagazione della fede, al pubblico bene della chiesa, alla salvezza e all'utilità dei loro figli. E finalmente, ad imitazione del maestro e Signore, non esitarono a dar la vita per le pecore loro affidate.

Non voler accumulare tesori in terra, per te o per i tuoi, dove la tignola e la ruggine li consumano, dove i furfanti e i ladroni scassinano; ma accumula per il cielo33.

Non fare accezione di persone, di sangue, di patria, di nazione34. Tutti sono figli di Dio e affidati ugualmente alla tua cura. E di', come Cristo: Chi farà la volontà del Padre mio, che è nei cieli, quegli è mio fratello, mia sorella, mia madre35.

Nell'assegnare le dignità e i benefici, non considerare la carne, i doni, o altro motivo temporale, ma solo Dio, le virtù e i meriti delle persone. Nel correggere i difetti, usa la disciplina ecclesiastica, memore di quale grazia meritò Pincas36, di quale pena meritò Eli37, l'uno riparando le

ingiurie fatte a Dio, l'altro fingendo di non vedere. Difendi; aiuta e sostieni i poveri e i miseri. Usa con tutti una paterna carità".

Terminate le solennità dell'incoronazione – e poi ogni anno dopo l'anniversario dell'incoronazione – almeno per otto giorni di seguito il sommo pontefice studi attentamente con i cardinali quale sia il modo migliore per mettere in pratica quello che con tanta solennità ha promesso a Dio.

E per prima cosa esamini con attenzione in quale parte del mondo la religione cristiana sia perseguitata dai Turchi, dai Saraceni, dai Tartari, e dagli altri infedeli; in quale regione prosperi l'eresia, lo scisma o qualsiasi altra specie di superstizione; in quali province i costumi, l'osservanza dei divini comandamenti e il retto modo di vivere vadano peggiorando, sia nel campo ecclesiastico che in quello secolare; ove, inoltre, la libertà della chiesa viene conculcata; tra quali re, principi e popoli imperversino gli odi, le guerre, o i pericoli di guerre. E dovunque come padre pietoso, cerchi di provvedere diligentemente, assieme ai suoi fratelli, con opportuni rimedi.

Provveduto a questi affari di carattere più universale ponga mano a ciò che gli è più vicino; e cominci ad ordinare in modo esemplare la casa, la servitù, la curia romana, dove e come riterrà necessario, e a riformarle sul serio, di modo che dalla sapiente riforma di quella che è la prima di tutte le altre chiese, le altre, che sono minori, sappiano attingere la purezza dei costumi, e non si dia ad alcuno occasione di calunnia e di maldicenza.

Cercando, quindi, di vigilare attentissimamente e di far vigilare sui grandi e sui piccoli, non tardi a correggere tutto ciò che egli troverà degno di correzione, e non lo dissimili, ben sapendo che doppio è il peccato: uno, quello che li si commette; l'altro, assai più grave, quello che ne consegue. Qualsiasi cosa, infatti, si compie nella curia romana facilmente viene preso come esempio. Di conseguenza, se languisce il capo, il male invade tutto il resto del corpo. La casa del pontefice, invece, e la curia devono essere come uno specchio terso; e gli altri, guardandolo, devono potersi conformare ad esso e vivere secondo il suo esempio.

Disperda, perciò, e sradichi del tutto da esse qualsiasi macchia di simonia, qualsiasi indegno concubinato, e qualsiasi cosa che possa offendere Dio o scandalizzare gli uomini.

Curi che i suoi impiegati non amministrino male i loro uffici; che non gravino nessuno, che non estorcano nulla abusando del loro potere o illecitamente; e che i capi degli officiali non permettono che le loro mancanze restino impunite. Non permettono neppure che qualcuno usi vesti e colori proibiti dai sacri canoni.

Istruisca con cura il clero romano, che gli è particolarmente e immediatamente soggetto, in ogni virtù ecclesiastica, ammonendolo che Dio non si compiace delle pompe dei vestiti, ma dell'umiltà, della dignità, della purezza della mente, della semplicità del cuore, della santità dei costumi, e dell'ornamento delle altre virtù: queste raccomandano chi le ha a Dio e agli uomini.

Riformi, inoltre il culto divino nelle chiese di Roma perché venga esercitato con la venerazione e disciplina che si conviene. Insegni, istruisca, diriga il popolo di Roma, che è la sua parrocchia per la via della salvezza. Imponga ai cardinali che visitino e riformino i loro titoli e le loro parrocchie, come è dovere del loro ufficio. Costituisca vicario in Roma un prelato di grande scienza, di vita provata ed esemplare, il quale eserciti la cura di vescovo in sua vece verso il clero e il popolo. E si informi spesso se questi attende diligentemente al suo ufficio.

Dopo di ciò attenda con cura, insieme ai suoi fratelli cardinali agli affari temporali della chiesa romana, provveda perché le province, le città, i paesi, i castelli, le terre soggette alla stessa chiesa, siano governati nella giustizia e nella pace; cioè con tale moderazione, che tra il governo degli ecclesiastici e quello dei principi secolari vi sia la stessa differenza che vi è tra il padre e il padrone.

Non abbia di mira il guadagno, ma la protezione e la tutela; e scaldando tutti con la paterna carità, li consideri non tanto sudditi, quanto figli. E poiché ha la loro cura spirituale, cerchi di togliere di mezzo ogni odio di parte e le sedizioni, specie dei guelfi e dei ghibellini, e qualsiasi altro nome simile a questi, che uccide le anime e i corpi; e con ogni industria cerchi di conservarli tutti, unanimemente, a difesa della chiesa, eliminando, con pene spirituali e temporali, e con tutti i modi a sua disposizione, ogni causa di dissenso.

A governare le province e le città principali destini i cardinali, o prelati di fama integra ed incorrotta, che non siano avidi di denaro, ma che attendano a procurare la giustizia e la pace ai loro sudditi. Il loro incarico duri due anni, o, al massimo, tre.

E poiché è normale che ciascuno renda conto della sua amministrazione38, vengano scelte, alla fine di ogni legazione, una o due persone ragguardevoli che ascoltino la relazione dell'amministrazione, le lamentele e le richieste dei cittadini e facciano giustizia. Quello che esse non possono fare, lo riferiscano al papa, il quale deve in ogni modo conoscere ciò che è stato fatto: e se risulterà che essi hanno agito illecitamente in qualche cosa, non li lasci impuniti in modo che i loro successori imparino dal loro esempio a guardarsi da quanto non è lecito.

Perché gli officiali non debbano appropriarsi di ciò che è illecito, si stabilisca per essi un giusto salario, con cui possano vivere onestamente.

Si informi spesso il sommo pontefice sul governo dei legati, dei governatori e dei commissari, nonché dei vicari e dei feudatari della chiesa romana e se per caso non gravino i sudditi di nuove tasse ed esazioni. E non tolleri severità o ingiusti pesi imposti ai sudditi; sarebbe, infatti, empio tollerare che quelli che il papa da sé governerebbe paternamente, siano trattati malamente dagli altri.

Procuri anche che le antiche disposizione e costituzioni, con cui le province e le terre sono governate con buoni effetti, vengano conservate fedelmente. E se vi fossero leggi emanate in seguito per invidia o per partigianeria, conosciuto il motivo, vengano riviste e riformate.

Entro un anno dal giorno della sua elezione il Romano pontefice convochi gli ambasciatori o procuratori delle province e delle principali città della chiesa romana e mostrando loro l'affetto di un amore paterno, si informi sullo stato e sulla condizione delle loro terre; come fossero trattati all'epoca del suo predecessore; se siano gravati da qualche ingiusto peso; e veda che cosa si possa fare perché il loro governo sia salutare. E finalmente apporti in ogni cosa i rimedi necessari. E non gli dispiaccia di ripetere tutto ciò almeno di biennio in biennio.

Tra le altre cose, poi, che i feudatari, i capitani, i governatori, i senatori, i castellani e gli altri più alti officiali di Roma e dei territori della chiesa devono giurare, vi sia anche questa: che giurino, cioè, nella loro assunzione, che durante la sede vacante essi reggeranno le città, le terre, i luoghi, le fortezze, i castelli e i popoli secondo gli ordini dei cardinali, a nome della chiesa romana, e che li riconsegneranno liberamente e senza alcuna opposizione.

Perché, inoltre, il sommo pontefice non sembri esser mosso da affetto umano, più che dal giudizio della ragione, e perché si possano evitare gli scandali che, per quanto si può dedurre dall'esperienza, spesso ne sono seguiti, in avvenire non nomini e non permetta che qualche suo consanguineo od affine, fino al terzo grado incluso sia duca, marchese, conte, feudatario, enfiteuta, vicario, governatore, officiale, castellano di qualche provincia, città, paese, castello, fortilizio, o luogo della chiesa romana, e che abbia giurisdizione e autorità su questi luoghi, o sia capitano, o duce di gente d'armi.

Gli stessi cardinali, se il sommo pontefice volesse fare diversamente, non consentano in nessuna maniera. E facciano in modo che il pontefice successivo riveda completamente e revochi ciò che fosse stato fatto diversamente.

Secondo la costituzione di papa Nicolò IV, questo santo sinodo stabilisce che ai cardinali della santa chiesa romana sia destinata metà di tutti i frutti, redditi, proventi, multe, condanne e tasse, che provengono da qualsiasi terra e luogo soggetto alla chiesa romana; e che la scelta e la destituzione di tutti i reggitori, dei governatori e dei custodi, comunque essi si chiamino, che presiederanno alle terre e ai luoghi suddetti, ed anche di quelli che raccoglieranno i frutti, debbano esser fatte col consiglio e col consenso degli stessi cardinali.

Questo santo sinodo ammonisce, quindi, i cardinali per ché proteggano le terre e i sudditi della chiesa romana dalle ingiustizie e dalle oppressioni e, avendo di mira la pace, la salvezza e il loro buon governo, li mettano in buona luce, se fosse necessario, presso il sommo pontefice.

Se, poi, il sommo pontefice e i cardinali devono avere una grande cura di tutte le terre della chiesa romana, tuttavia hanno il dovere di rivolgere sollecitamente le loro cure alla città di Roma e nutrire verso di essa un amore ed un affetto particolare: è, infatti, la loro figlia particolare e la loro principale parrocchia, nella quale riposano i corpi sacri dei beati Pietro e Paolo e di innumerevoli martiri di Cristo e dei santi; dov'è la sede del romano pontefice, e da dove egli stesso e l'impero romano regnano; e nella quale confluiscono per devozione tutti i cristiani, perché sia governata nella pace, nella tranquillità e nella giustizia, e non debba soffrire danno nelle sue chiese, nelle sue mura, nelle sue vie, e nella sicurezza delle strade.

Perciò questo santo sinodo stabilisce che una parte adeguata di tutti i redditi e proventi di Roma venga destinata alla conservazione delle chiese, delle mura, delle vie, dei ponti, della sicurezza delle strade della stessa Roma e del suo distretto. Ciò venga fatto per mezzo di uomini di nota fama, da scegliersi col consiglio dei cardinali.

Dato che il sommo pontefice si professa servo dei servi di Dio, lo dimostri con le opere. E dal momento che da ogni parte la gente viene a lui come al padre comune, egli consenta che tutti possano facilmente recarsi da lui. Stabilisca, quindi, almeno un giorno alla settimana per l'udienza pubblica nella quale possa ascoltare pazientemente e benignamente tutti, specie i poveri e gli oppressi e, per quanto gli è possibile in coscienza li accontenti, e, come padre coi figli, provveda benevolmente a tutti col consiglio e con l'aiuto, secondo le loro necessità e conforme alle sue possibilità. Se ne fosse impedito da qualche materiale necessità, ne affidi l'incarico a qualche cardinale o ad altra degna persona, che gli riferisca ogni cosa; e comandi a tutti gli officiali della curia, specialmente al vice cancelliere, al penitenziere e al camerlengo di sbrigare le cose dei poveri subito e gratis, memore della carità apostolica, per cui Pietro e Paolo si diedero la destra, perché si ricordassero dei poveri39.

Nelle domeniche e nei giorni festivi celebri pubblicamente la messa, dopo la quale per qualche tempo dia udienza ai bisognosi. Ogni settimana, o almeno due volte al mese, tenga pubblici concistori, in cui tratti i problemi delle chiese cattedrali e dei monasteri, ovvero dei principi e delle università, ed altre cose d'importanza. Rimetta le liti e le cause minori al vice cancelliere. Egli, quanto più può, resti estraneo dai litigi e dalle questioni di minore importanza, perché possa attendere più liberamente a quelle più gravi.

Poiché i cardinali della santa chiesa romana sono ritenuti parte del corpo del romano pontefice, è utilissimo per la cristianità che, secondo l'antica consuetudine, le questioni più gravi e più difficili, in futuro siano risolte col loro consiglio, sotto la loro direzione, e dopo matura deliberazione, specie per quanto riguarda le decisioni delle cause della fede, le canonizzazioni dei santi, le elezioni, le soppressioni, le divisioni, le soggezioni, le unioni delle chiese cattedrali e dei monasteri, le promozioni di cardinali, le conferme e le provviste delle chiese cattedrali e dei monasteri, le privazioni e i trasferimenti degli abati, dei vescovi e dei loro superiori, le leggi, o costituzioni, le legazioni de latere, ossia le nomine dei vicari e dei nunzi con autorità di legati de latere, la fon- dazione di nuove istituzioni religiose, le nuove esenzioni alle chiese e ai monasteri o alle cappelle, o le revocazioni di quelle

già fatte loro, salvo il decreto del concilio di Costanza sul non doversi trasferire i prelati contro la loro volontà.

 

 




28 Cfr. Mt 5, 18


29 Gv 10, 11-15


30 Cfr. Gv 21, 15-17


31 CFr. Gb 42, 2


32 Cfr. Mt 5, 26


33 Mt 6, 19-20


34 Cfr. Dt 1, 17;16, 19; Gc 2, 1.9


35 Mt 12, 50; Mc 3, 35


36 Cfr. Nm 25, 6-8


37 Cfr. I Re 3, 11-14


38 Cfr. Lc 16, 2


39 Cfr. Gal 2, 9-10





Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License