LETTERA DEI VESCOVI
RADUNATI A COSTANTINOPOLI A PAPA DAMASO E AI VESCOVI OCCIDENTALI (382)
Ai signori illustrissimi
e reverendissirni fratelli e colleghi Damaso, Ambrogio, Brittone, Valeriano,
Acolio, Anemio, Basilio, e agli altri santi vescovi raccolti nella grande Roma,
il santo sinodo dei vescovi che professano la vera fede, riuniti nella grande
Costantinopoli, salute nel Signore.
E’ forse superfluo
informare la Reverenza vostra, quasi che possa esserne all'oscuro, e narrare le
innumerevoli sofferenze inflitteci dalla prepotenza ariana. Non crediamo,
infatti, che la santità vostra giudichi così poco importante quanto ci riguarda,
da esserne ancora all'oscuro, metterebbe anzi conto che se ne piangesse
insieme. D'altra parte, le tempeste che si sono abbattute su di noi sono state
tali, che non hanno certo potuto rimanervi nascoste; il tempo delle
persecuzioni è recente, ne è ancora vivo il ricordo non solo in coloro che
hanno sofferto, ma anche in chi per l'amore che li legava ad essi ha fatto
proprie le loro sofferenze. Infatti solo ieri, per così dire, e l'altro ieri,
alcuni sciolti dai vincoli dell'esilio, sono tornati alle loro chiese in mezzo
a mille tribolazioni; di altri, morti in esilio, sono tornati solo i resti:
alcuni, anche dopo il ritorno dall'esilio, fatti segno all'odio acre degli
eretici, dovettero sopportare più amarezze nella propria terra che in terra
straniera, raggiunti, come il beato Stefano, dalle loro pietre 1; altri
lacerati da vari supplizi, portano ancora le stigmate di Cristo 2 e le
ferite nel proprio corpo. Le perdite di ricchezze, le multe delle città, le
confische dei beni dei singoli, gli intrighi, le prepotenze, le carceri, chi
potrebbe contarle? Davvero che tutte le tribolazioni si sono moltiplicate
contro di noi oltre ogni dire, forse perché scontassimo la pena dei nostri
peccati, o forse perché Dio, clemente, voleva provarci con tante sofferenze.
Di ciò siano rese grazie
a Dio, il quale volle istruire i suoi servi attraverso prove così grandi
3, e secondo la sua grande misericordia ci ha condotto nuovamente al
refrigerio 4. Certo sarebbe stato necessario per noi una lunga pace, e
molto tempo, e molto lavoro per il miglioramento delle chiese, perché, cioè,
finalmente potessimo ricondurre all'originario splendore della pietà il corpo
della chiesa, oppresso come da lunga malattia, ricreandolo a poco a poco con
ogni sorta di cure. In questo modo riteniamo di esserci liberati dalla violenza
delle persecuzioni, e di aver ripristinato le chiese così a lungo dominate
dagli eretici, dei lupi, tuttavia, ci danno molta molestia: scacciati dai loro
recinti, rapiscono le pecore negli stessi pascoli boscosi, e tentano di tenere
riunioni, e di suscitare sommosse popolari, senza nulla risparmiare pur di
arrecare danno alle chiese. Come dicevamo, sarebbe stato necessario che
potessimo occuparci di questi problemi per un tempo più lungo.
In ogni modo, poiché,
mostrando la vostra fraterna carità verso di noi, con lettere dell'imperatore,
da Dio amato, avete invitato anche noi come veri membri al sinodo che per
volontà di Dio avete convocato a Roma perché, essendo stati noi sottoposti allora
da soli alle tribolazioni, ora in questa pia concordia degli Imperatori voi non
regnaste senza di noi, ma anche noi, secondo la parola dell'apostolo, potessimo
regnare insieme con voi 5, sarebbe stato nostro desiderio, se
possibile, lasciare tutti insieme le nostre chiese, e venire incontro ai vostri
desideri e alla (comune) utilità. Chi ci darà, infatti, le ali come quelle di
una colomba per volare e posarci presso di voi 6? Ma poiché questo
avrebbe spogliato le nostre chiese, appena cominciato il rinnovamento, e la
cosa sarebbe stata per moltissimi impossibile, ci eravamo radunati insieme a
Costantinopoli, secondo l'invito delle lettere, mandate l'anno scorso dalla
vostra carità, dopo il sinodo di Aquileia, all'imperatore Teodosio, caro a Dio.
Eravamo preparati per questo solo viaggio fino a Costantinopoli, ed avevamo il
consenso dei vescovi rimasti nelle diocesi solo per questo sinodo. Di un più
lungo viaggio né prevedevamo la necessità, né avevamo avuto alcun indizio prima
di venire a Costantinopoli. Inoltre l'imminenza della data fissata non lascia
il tempo di prepararsi per una assenza più lunga, né di avvertire i vescovi
della nostra stessa comunione rimasti nelle diocesi, e di chiedere il loro
benestare. Poiché, dunque, questi ed altri simili motivi impedivano la partenza
della maggior parte di noi, abbiamo preso l'unico partito che restava per il
miglioramento delle cose e per corrispondere alla carità che ci avete
dimostrato: e abbiamo pregato istantemente i venerabilissimi e onorabilissimi
fratelli e colleghi nostri, i vescovi Ciriaco, Eusebio e Prisciano di
affrontare la fatica di venir fino a voi; e così, per mezzo loro, vi abbiamo
fatto conoscere i nostri propositi di pace e di unità, e vi abbiamo manifestato
il nostro zelo per la retta fede. Noi, infatti, abbiamo sopportato da parte
degli eretici le persecuzioni, le tribolazioni, le minacce degli imperatori, le
crudeltà dei magistrati e ogni altra prova, per la fede evangelica confermata
dai trecentodiciotto Padri di Nicea di Bitinia. Questa fede, infatti,
dev'essere approvata da voi, da noi e da quanti non distorcono il senso della
vera fede essendo essa antichissima e conforme al battesimo; essa ci insegna a
credere nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, cioè in una sola
divinità, potenza, sostanza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, in una
uguale dignità, e in un potere coeterno, in tre perfettissime ipostasi, cioè in
tre perfette persone, ossia tali, che non abbia luogo in esse né la follia di
Sabellio con la confusione delle persone, con la soppressione delle proprietà
personali, né prevalga la bestemmia degli Eunomiani, degli Ariani, dei
Pneumatomachi, per cui, divisa la sostanza, o la natura, o la divinità, si
aggiunga all'increata, consostanziale e coeterna Trinità una natura posteriore,
creata, o di diversa sostanza. Riteniamo anche, intatta, la dottrina
dell'incarnazione del Signore; non accettiamo, cioè l'assunzione di una carne
senz'anima, senza intelligenza, imperfetta, ben sapendo che il verbo di Dio,
perfetto prima dei secoli, è divenuto perfetto uomo negli ultimi tempi per la
nostra salvezza.
Queste sono, in sintesi,
le principali verità della fede, che senza ambagi predichiamo. Esse vi
procureranno anche una maggior soddisfazione, se vi degnerete di leggere il
tomo composto dal sinodo di Antiochia, e quello pubblicato dal concilio
ecumenico, a Costantinopoli, lo scorso anno. In essi abbiamo esposto la nostra
fede assai ampiamente, ed abbiamo sottoscritto i nostri anatemi contro le
recenti novità delle eresie.
Quanto
all'amministrazione delle singole chiese ha forza di legge l'antica norma, come
sapete, e la disposizione dei santi padri di Nicea: che, cioè, in ciascuna
provincia, e, se essi vorranno anche i vescovi confinanti con loro, si facciano
le ordinazioni come richiede l'utilità delle chiese. Sappiate che, conforme a
queste disposizioni, vengono amministrate le nostre chiese, e sono stati
nominati i sacerdoti delle chiese più insigni. Della chiesa novella, per cosi
dire, di Costantinopoli, che da poco, per misericordia di Dio, abbiamo
strappato alle bestemmie degli eretici, come dalla bocca di un leone 7,
abbiamo ordinato vescovo il reverendissimo e amabilissimo in Dio Nettario. Ciò
è stato fatto al cospetto del concilio universale, col consenso di tutti, sotto
gli occhi dell'imperatore Teodosio, carissimo a Dio, di tutto il clero, e con
l'approvazione di tutta la città. Dell'antica e veramente apostolica chiesa di
Antiochia di Siria, nella quale per prima fu usato il venerando nome di
cristiani, i vescovi della provincia e della diocesi dell'oriente, radunatisi,
consacrarono vescovo, canonicamente, il reverendissimo e da Dio amatissimo
Flaviano, con l'approvazione di tutta la chiesa, che, unanime onorava
quest'uomo. L'ordinazione è stata riconosciuta conforme alla legge
ecclesiastica anche dalle autorità del concilio. Vi informiamo, inoltre, che il
reverendissimo e carissimo a Dio Cirillo è vescovo della madre di tutte le
chiese, la chiesa di Gerusalemme. A suo tempo egli è stato consacrato, conforme
alle norme ecclesiastiche, dai vescovi della provincia, e spesso, in diverse
circostanze, ha lottato strenuamente contro gli Ariani.
Poiché, dunque, queste
cose sono state compiute da noi legalmente e canonicamente, preghiamo la
reverenza vostra di volersi rallegrare con noi, uniti scambievolmente dal
vincolo dell'amore che viene dallo Spirito e dal timore di Dio che vince ogni
umana passione, e antepone l'edificazione delle chiese all'amicizia ed alla
benevolenza verso i singoli. In tal modo, in pieno accordo nelle verità della
fede, e fortificata in noi la carità cristiana, cesseremo di ripetere
l'espressione già biasimata dagli apostoli: Io sono di Paolo, io sono di
Apollo; e io sono di Cefa 8, ma saremo tutti di Cristo, che non può
esser diviso in noi; e, se Dio ce ne farà degni, conserveremo indiviso il corpo
della chiesa e compariremo tranquilli dinanzi al tribunale di Dio 9.
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