V. Eccellenza di questa unione
L’unione delle due vite, la contemplativa e
l’attiva, costituisce il vero apostolato che è, secondo San Tommaso, la
principale opera del Cristianesimo: «Principalissimum officium»20.
L’apostolato suppone anime capaci di accendersi
d’entusiasmo per una idea e di consacrarsi per il trionfo di un principio. Ma
se la realizzazione di questo ideale sarà soprannaturalizzata dallo spirito
interiore, ed il nostro zelo – nel suo fine, nella sua sorgente e nei suoi
mezzi – sarà animato dallo spirito di Gesù, noi avremo la vita in sé più
perfetta, la vita per eccellenza, quella che gli stessi teologi antepongono
alla semplice contemplazione: «praefertur simplici contemplationi» (San
Tommaso).
L’apostolato dell’uomo di orazione è la parola
conquistatrice in virtù del mandato di Dio, dello zelo delle anime, del frutto
delle conversioni: «Missio a Deo, zelus animarum, fructificatio auditorum» (San
Bonaventura).
E’ il vapore della fede dalle salutari
emanazioni: «Fides, id est vapor fidei» (Sant’Ambrogio).
L’apostolato del santo è la semina del mondo.
L’apostolo getta alle anime il frumento di Dio21. E’ l’amore
divampante che divora la terra, l’incendio della Pentecoste irresistibilmente
propagato in mezzo alle gente: «Sono venuto a propagare il fuoco sulla terra»
(Lc. 12, 49).
L’eccellenza di questo ministero sta nel fatto
di provvedere alla salute altrui senza pregiudizio per l’apostolo: «sublimatur
ad hoc ut aliis provideat». Comunicare le verità divine alle intelligenze
umane! Non è forse, questo, un ministero degno degli angeli?
Contemplare la verità è bene, ma comunicarla
agli altri è meglio. Riflettere la luce è qualcosa più che riceverla, e
rischiarare vale ben più che rilucere sotto il moggio. L’anima con la
contemplazione si nutre, ma con l’apostolato si dona: «sicut maius est
contemplata aliis tradere quam solum contemplare»22.
«Tramandare agli altri quello che si è
contemplato»: in questo ideale di apostolato, la vita interiore resta la sorgente,
come insegna chiaramente san Tommaso.
Come l’altro testo dello stesso santo Dottore,
che avevo riportato alla fine del capitolo precedente, anche questo condanna
esplicitamente l’americanismo, i cui partigiani sognano una vita mista in cui
l’azione finirebbe col soffocare la contemplazione.
San Tommaso in realtà suppone due cose:
1) che l’anima viva già abitualmente di
orazione, anzi ne viva talmente da dover dare soltanto il sovrappiù;
2) che l’azione non sopprima la vita di orazione
e che l’anima, pur prodigandosi per gli altri, pratichi così bene la custodia
del cuore da non correre alcun serio pericolo di sottrarre all’influenza di
Gesù Cristo l’esercizio della sua attività.
Queste affascinanti parole del padre Matteo
Crawley, l’apostolo della consacrazione delle famiglie al Sacro Cuore,
traducono esattamente il pensiero di San Tommaso: «L’apostolo è un calice
ricolmo della vita di Gesù Cristo, la cui sovrabbondanza trabocca riversandosi
sulle anime».
E’ questa unione tra l’azione, con il suo
prodigarsi di zelo, e la contemplazione, con le sue sublimi elevazioni, che ha
prodotto i più grandi santi: san Dionigi, san Martino, san Bernardo, san
Domenico, san Francesco d’Assisi, san Francesco Saverio, san Filippo Neri,
sant’Alfonso, furono tutti sia ardenti contemplativi che grandi apostoli.
Vita interiore e vita attiva! Santità
nell’azione! Con questa unione potente e feconda, quanti prodigi di conversioni
opererete! O Signore, date alla vostra Chiesa numerosi apostoli, ma ravvivate,
nei loro cuori divorati dallo zelo, una sete ardente della vita d’orazione.
Donate ai vostri operai quest’azione contemplativa e questa contemplazione
attiva; la vostra opera giungerà allora a compimento e i vostri operai
evangelici riporteranno quelle vittorie che annunciaste prima della vostra
gloriosa Ascensione.
Parte
III
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