Prima tappa
L’anima da principio ha perduto a poco a poco,
seppur l’ebbe mai, la chiarezza e il vigore delle convinzioni riguardanti la
vita soprannaturale, il mondo soprannaturale e l’economia del piano e
dell’azione del Signore concernenti il rapporto della vita intima dell’operaio
evangelico con le sue opere. Essa non vede più le sue opere che attraverso un miraggio
ingannatore. La stessa vanità fa sottilmente da piedistallo alla pretesa buona
intenzione. Un predicatore, uomo tutto esteriore e gonfio di vana compiacenza,
rispondeva ai suoi adulatori: «Che volete, Dio mi ha dato il dono della parola
ed io lo ringrazio». L’anima allora cerca ben più se stessa che Dio:
reputazione, gloria e interessi personali sono al primo posto. Il motto «Se
fossi gradito agli uomini, allora non sarei servo di Cristo» (Gal. 1, 10),
diventa per essa privo di senso.
La mancanza di base soprannaturale che
caratterizza questa tappa ha, talvolta come causa ed talaltra come immediata
conseguenza, oltre all’ignoranza dei princìpi, anche la dissipazione, la
dimenticanza della presenza di Dio, l’abbandono delle giaculatorie e della
custodia del cuore, la mancanza di delicatezza di coscienza e di regolarità di
vita. E’ vicina la tiepidezza, seppur non è già cominciata.
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