1. La vita
interiore premunisce l’anima dai pericoli del ministero esterno
«Quando si ha cura di anime, è più difficile
vivere bene, a causa dei pericoli esterni»8. Di questo
pericolo abbiamo parlato nel capitolo precedente.
Mentre l’operaio evangelico privo di spirito
interiore ignora i pericoli derivanti dalle opere e assomiglia al viaggiatore
che attraversa disarmato una foresta infestata da briganti, il vero apostolo
teme questi pericoli ed ogni giorno prende le debite precauzioni con un serio
esame di coscienza che gli scopre i suoi punti deboli.
Se la vita interiore non facesse altro che
mettere l’anima in guardia dal continuo pericolo, contribuirebbe già
potentemente a preservare dalle sorprese del cammino, perché pericolo
preavvisato è mezzo scampato. Ma essa ha ben altra utilità. Essa diventa per
l’uomo d’azione un’armatura completa: «Induite armaturam Dei, ut possitis stare
adversus insidias diaboli» (Ef. 6, 11-17).
Quest’armatura divina non solo gli permette di
resistere alle tentazioni e di evitare le insidie del diavolo – «ut possitis
resistere in die malo» – ma anche di santificare tutte le azioni: «et in
omnibus perfecti stare».
Essa lo cinge con la purezza d’intenzione, che
concentra in Dio i pensieri, i desideri, gli affetti, e gl’impedisce di deviare
nella ricerca delle comodità, dei piaceri e delle distrazioni: «Succincti
lumbos vestros in veritate».
Essa lo riveste con la corazza della carità, che
gli dà coraggio virile e lo difende dalle seduzioni delle creature, dello
spirito del mondo e degli assalti del demonio: «Induti loricam iustitiae».
Essa lo calza con la discrezione e la modestia,
affinché in tutti i suoi passi sappia unire la semplicità della colomba con la
prudenza del serpente: «Calceati pedes in preparatione Evangelii».
Satana e il mondo cercheranno di abusare della
sua intelligenza con i sofismi delle false dottrine, di snervare la sua energia
con l’allettamento di massime permissive. A queste menzogne, la vita interiore
oppone lo scudo della fede, che fa brillare agli occhi dell’anima lo splendore
dell’ideale divino: «In omnibus sumentes scutum fidei in quo possitis omnia
tela nequissimi ignea extinguere».
La coscienza del proprio nulla, la sollecitudine
per la propria salvezza, la convinzione di non poter fare nulla senza il
soccorso della grazia, e quindi la preghiera insistente, supplice e frequente,
tanto più efficace quanto più fiduciosa: tutto ciò è per l’anima un elmo di
acciaio, su cui si spezzeranno i colpi dell’orgoglio: «Galeam salutis
assumite».
Così armato da capo a piedi, l’apostolo può
dedicarsi senza timore alle opere, e il suo zelo infiammato dalla meditazione
del Vangelo, fortificato dal Pane eucaristico, diventerà una spada con cui
potrà sbaragliare i nemici della sua anima e conquistare numerose anime a
Cristo: «Gladium spiritus quod est verbum Dei».
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