2. La vita
interiore invigorisce le forze dell’apostolo
Come abbiamo detto, solamente il santo, in mezzo
agli impacci degli affari e malgrado l’abituale contatto col mondo, sa salvaguardare
il suo spirito interiore e dirigere sempre i suoi pensieri e le sue intenzioni
verso il solo Dio. In lui ogni dispendio di attività esteriore è talmente
soprannaturalizzato ed infiammato di carità, che non solo non porta alcuna
diminuzione di forze, ma causa necessariamente un aumento di grazia.
Nelle altre persone invece, anche se fervorose,
al termine di un tempo più o meno lungo dedicato alle occupazioni esteriori, la
vita soprannaturale sembra subire delle perdite. Troppo preoccupato del bene da
fare al prossimo, troppo assorbito da una compassione insufficientemente
soprannaturale per le miserie da alleviare, il loro cuore imperfetto sembra
innalzare a Dio fiamme meno pure, offuscate dal fumo di numerose imperfezioni.
Iddio non punisce questa debolezza con una
diminuzione della sua grazia e non tratta con rigore queste mancanze, purché
nell’azione vi siano stati seri sforzi di vigilanza e di preghiera, e purché,
terminato il lavoro, l’anima si disponga a tornare da Lui riposandosi e ritemprandosi
le forze. Sono questi continui ricominciamenti causati dall’intrecciarsi tra
vita attiva e vita interiore, che danno gioia al suo cuore di Padre.
Del resto, in quelli che lottano, queste
imperfezioni diventano sempre meno profonde e meno frequenti, di mano in mano
che l’anima impara a ricorrere senza stancarsi a quel Gesù ch’essa trova sempre
pronto a dirle: «Vieni a me, povero cervo trafelato ed assetato per il lungo
cammino; vieni a trovare nelle acque vive il segreto per tornare agile nelle nuove
corse; ritirati un momento da quella folla che non può darti l’alimento
richiesto dalle tue forze esauste: Venite seorsum et requiescite pusillum (Mc.
6, 31). Nella calma e nella pace che gusterai presso di me, non solo ritroverai
il primitivo vigore, ma imparerai il modo di agire di più con minor fatica.
«Elia, oppresso e scoraggiato, ebbe le sue
energie rianimate all’istante in virtù di un pane misterioso. Così, o mio
apostolo, in questo invidiabile còmpito di corredentore che mi è piaciuto
d’importi, ti do la possibilità, con la mia parola che è vita piena e con la
mia grazia che è il mio sangue, di riorientare il tuo spirito verso gli eterni
orizzonti e di rinnovare tra il tuo cuore ed il mio un patto d’intimità. Vieni,
io ti consolerò dalle tristezze e dalle delusioni del viaggio; nella fornace
del mio amore potrai ritemprare l’acciaio delle tue risoluzioni. Venite ad me
omnes qui laboratis et onerati estis et ego reficiam vos»9.
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