6. La vita
interiore è una difesa dallo scoraggiamento
«Quando Dio vuole che un’opera sia totalmente
frutto delle sue mani, dapprima riduce tutto all’impotenza e poi agisce».
Questa frase di Bossuet è incomprensibile all’apostolo che non coglie la vera
anima del suo apostolato.
Non c’è nulla che ferisca Dio quanto l’orgoglio.
Ora, nella ricerca del successo, se manchiamo di purezza d’intenzione, noi
possiamo giungere ad erigerci a una sorta di divinità, principio e fine delle
nostre opere. Dio ha in orrore questa idolatria. Quando vede che l’attività
dell’apostolo manca di quella impersonalità che la sua gloria esige dalla
creatura, lascia talvolta campo libero alle cause seconde e l’edificio non
tarda a crollare.
Attivo, intelligente, dedicato, l’operaio si è
messo all’opera con tutto l’ardore della sua natura. Forse ha ottenuto
brillanti successi, ne ha gioito e se n’è compiaciuto: sono opera sua, tutta sua!
Ha quasi fatto suo quel celebre motto: «Veni, vidi, vici». Ma attendiamo un
poco. Un avvenimento permesso da Dio, oppure un’azione diretta di Satana o del
mondo vengono a colpire l’opera o la persona stessa dell’apostolo: rovina
totale! Ma ben più lamentevole è la rovina interiore, frutto della tristezza e
dello scoraggiamento di questo prode del giorno prima. Più era esuberante la
gioia, più profondo è ora l’abbattimento.
Solo il Signore potrebbe riergere quelle rovine.
«Alzati! – dice allo scoraggiato – Invece di fare da solo, riprendi il tuo
lavoro con Me, per mezzo di Me e in Me!» Ma il disgraziato non ascolta più
questa voce. E’ talmente esteriorizzato che, per poterla sentire, avrebbe
bisogno di un vero miracolo della grazia, sul quale però non ha più diritto di
contare, a causa delle infedeltà accumulate. Solo una vaga convinzione della
potenza e della Provvidenza di Dio aleggia sulla desolazione di questo
sventurato, e non può bastare a dissipare le ondate di tristezza che
continuamente lo assalgono.
Che diverso spettacolo offre invece il vero
sacerdote il cui ideale è di riprodurre in sé Gesù Cristo! Per lui, la
preghiera e la santità di vita restano i due grandi mezzi di azione sul Cuore
di Dio e sul cuore degli uomini. Si è prodigato, certo, e generosamente, ma il
miraggio del successo gli è sembrato una prospettiva indegna di un vero
apostolo. Sopraggiungono le burrasche, ma poco importa la causa seconda che le
ha prodotte. Poiché non ha lavorato che con il Signore, in mezzo al cumulo
delle macerie sente risuonare nel fondo del cuore quello stesso «non temete!»
che, durante la tempesta, ridiede pace e sicurezza agl’impauriti discepoli.
Il primo risultato della prova consiste in un
nuovo slancio verso l’Eucaristia e in un rinnovamento d’intima devozione verso
la Madonna Addolorata.
Invece di essere schiacciata dall’insuccesso, la
sua anima esce ringiovanita dal torchio: «Verrà rinnovata la tua giovinezza,
come quella dell’aquila» (Ps. 103, 5). Da dove gli viene questo atteggiamento
di umile trionfatore in mezzo alla disfatta? Non cercatene il segreto altrove
che in quella unione con Gesù ed in quella confidenza incrollabile nella Sua
potenza che faceva già dire a Sant’Ignazio: «Se la Compagnia di Gesù venisse
soppressa senza mia colpa, un quarto d’ora di conversazione con Dio mi
basterebbe per riacquistare la calma e la pace». «In mezzo alle umiliazioni –
diceva il santo curato d’Ars – il cuore delle anime interiori sta come una
roccia in mezzo ai flutti del mare»11.
L’apostolo soffre, certamente. La perdita di
molte sue pecorelle sarà forse il risultato di ciò che ha reso vani i suoi
sforzi e rovinato la sua opera. Questo vero pastore prova un’amara tristezza,
che però non può frenare l’ardore che lo spingerà a ricominciare da capo.
Egli sa che la redenzione, anche quella che
salva una sola anima, è un’opera grande che si compie soprattutto con la
sofferenza. Ma a rinvigorirlo basta la certezza che le prove generosamente
sopportate aumentano il suo progresso nella virtù e procurano a Dio una gloria
maggiore.
D’altra parte, egli sa pure che Dio spesso non
vuole da lui altro che germi di successo. Verranno altri a raccogliere messi
copiose; esse crederanno forse di potersene attribuire il merito; ma il Cielo
saprà discernerne la causa nel lavoro ingrato e in apparenza sterile che le ha
precedute: «Vi ho mandato a mietere dove non avete lavorato; altri hanno
faticato e voi siete subentrati al loro lavoro» (Gv. 4, 38).
Il Signore, autore dei successi ottenuti dagli
Apostoli dopo la Pentecoste, durante la sua vita pubblica non ha voluto che
seminare germi, insegnamenti, esempi, predicendo ai discepoli che sarebbe stato
loro concesso di compiere opere più grandi delle sue: «Colui che crede in me,
compirà le opere che io faccio, anzi ne farà di maggiori» (Gv. 14, 12).
Scoraggiarsi, il vero apostolo? Lasciarsi
influenzare dai discorsi dei pusillanimi? Condannarsi al riposo dopo
l’insuccesso? Sarebbe non comprendere la sua vita intima e la sua fede in
Cristo! Come ape infaticabile, egli va sempre ricostruendo nuovi favi
nell’alveare devastato.
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