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Dom Jean-Baptiste Gustave Chautard
Anima di ogni Apostolato

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  • III. La vita interiore, base della santità dell’operaio apostolico
    • 6. La vita interiore è una difesa dallo scoraggiamento
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6. La vita interiore è una difesa dallo scoraggiamento

«Quando Dio vuole che un’opera sia totalmente frutto delle sue mani, dapprima riduce tutto all’impotenza e poi agisce». Questa frase di Bossuet è incomprensibile all’apostolo che non coglie la vera anima del suo apostolato.

Non c’è nulla che ferisca Dio quanto l’orgoglio. Ora, nella ricerca del successo, se manchiamo di purezza d’intenzione, noi possiamo giungere ad erigerci a una sorta di divinità, principio e fine delle nostre opere. Dio ha in orrore questa idolatria. Quando vede che l’attività dell’apostolo manca di quella impersonalità che la sua gloria esige dalla creatura, lascia talvolta campo libero alle cause seconde e l’edificio non tarda a crollare.

Attivo, intelligente, dedicato, l’operaio si è messo all’opera con tutto l’ardore della sua natura. Forse ha ottenuto brillanti successi, ne ha gioito e se n’è compiaciuto: sono opera sua, tutta sua! Ha quasi fatto suo quel celebre motto: «Veni, vidi, vici». Ma attendiamo un poco. Un avvenimento permesso da Dio, oppure un’azione diretta di Satana o del mondo vengono a colpire l’opera o la persona stessa dell’apostolo: rovina totale! Ma ben più lamentevole è la rovina interiore, frutto della tristezza e dello scoraggiamento di questo prode del giorno prima. Più era esuberante la gioia, più profondo è ora l’abbattimento.

Solo il Signore potrebbe riergere quelle rovine. «Alzati! – dice allo scoraggiato – Invece di fare da solo, riprendi il tuo lavoro con Me, per mezzo di Me e in Me!» Ma il disgraziato non ascolta più questa voce. E’ talmente esteriorizzato che, per poterla sentire, avrebbe bisogno di un vero miracolo della grazia, sul quale però non ha più diritto di contare, a causa delle infedeltà accumulate. Solo una vaga convinzione della potenza e della Provvidenza di Dio aleggia sulla desolazione di questo sventurato, e non può bastare a dissipare le ondate di tristezza che continuamente lo assalgono.

Che diverso spettacolo offre invece il vero sacerdote il cui ideale è di riprodurre in sé Gesù Cristo! Per lui, la preghiera e la santità di vita restano i due grandi mezzi di azione sul Cuore di Dio e sul cuore degli uomini. Si è prodigato, certo, e generosamente, ma il miraggio del successo gli è sembrato una prospettiva indegna di un vero apostolo. Sopraggiungono le burrasche, ma poco importa la causa seconda che le ha prodotte. Poiché non ha lavorato che con il Signore, in mezzo al cumulo delle macerie sente risuonare nel fondo del cuore quello stesso «non temete!» che, durante la tempesta, ridiede pace e sicurezza agl’impauriti discepoli.

Il primo risultato della prova consiste in un nuovo slancio verso l’Eucaristia e in un rinnovamento d’intima devozione verso la Madonna Addolorata.

Invece di essere schiacciata dall’insuccesso, la sua anima esce ringiovanita dal torchio: «Verrà rinnovata la tua giovinezza, come quella dell’aquila» (Ps. 103, 5). Da dove gli viene questo atteggiamento di umile trionfatore in mezzo alla disfatta? Non cercatene il segreto altrove che in quella unione con Gesù ed in quella confidenza incrollabile nella Sua potenza che faceva già dire a Sant’Ignazio: «Se la Compagnia di Gesù venisse soppressa senza mia colpa, un quarto d’ora di conversazione con Dio mi basterebbe per riacquistare la calma e la pace». «In mezzo alle umiliazionidiceva il santo curato d’Ars – il cuore delle anime interiori sta come una roccia in mezzo ai flutti del mare»11.

L’apostolo soffre, certamente. La perdita di molte sue pecorelle sarà forse il risultato di ciò che ha reso vani i suoi sforzi e rovinato la sua opera. Questo vero pastore prova un’amara tristezza, che però non può frenare l’ardore che lo spingerà a ricominciare da capo.

Egli sa che la redenzione, anche quella che salva una sola anima, è un’opera grande che si compie soprattutto con la sofferenza. Ma a rinvigorirlo basta la certezza che le prove generosamente sopportate aumentano il suo progresso nella virtù e procurano a Dio una gloria maggiore.

D’altra parte, egli sa pure che Dio spesso non vuole da lui altro che germi di successo. Verranno altri a raccogliere messi copiose; esse crederanno forse di potersene attribuire il merito; ma il Cielo saprà discernerne la causa nel lavoro ingrato e in apparenza sterile che le ha precedute: «Vi ho mandato a mietere dove non avete lavorato; altri hanno faticato e voi siete subentrati al loro lavoro» (Gv. 4, 38).

Il Signore, autore dei successi ottenuti dagli Apostoli dopo la Pentecoste, durante la sua vita pubblica non ha voluto che seminare germi, insegnamenti, esempi, predicendo ai discepoli che sarebbe stato loro concesso di compiere opere più grandi delle sue: «Colui che crede in me, compirà le opere che io faccio, anzi ne farà di maggiori» (Gv. 14, 12).

Scoraggiarsi, il vero apostolo? Lasciarsi influenzare dai discorsi dei pusillanimi? Condannarsi al riposo dopo l’insuccesso? Sarebbe non comprendere la sua vita intima e la sua fede in Cristo! Come ape infaticabile, egli va sempre ricostruendo nuovi favi nell’alveare devastato.




11 Sarebbe capace, la maggior parte degli uomini, di far propri i sentimenti espressi dal generale De Sonis in questa ammirevole preghiera riportataci dal suo biografo? «Mio Dio, eccomi davanti a Voi, povero, piccolo, privo di tutto. Sono ai Vostri piedi, immerso nel mio nulla. Vorrei avere qualcosa da offrirvi, ma non sono altro che miseria. Siete Voi il mio tutto, Voi la mia ricchezza. Mio Dio, Vi ringrazio di aver allontanato da me le soddisfazioni dell’amor proprio, le consolazioni del cuore; vi ringrazio delle delusioni, delle ingratitudini, delle umiliazioni. Ammetto che ne avevo bisogno e che i beni perduti avrebbero potuto tenermi lontano da Voi. Mio Dio, siate benedetto quando mi mettete alla prova. Amo essere consumato, spezzato, distrutto da Voi; annientatemi sempre più. Che io sia per l’edificio non una pietra elaborata e rifinita dalla mano dell’artista, ma un oscuro granello di sabbia sottratto alla polvere della strada. Mio Dio, Vi ringrazio di avermi lasciato intravedere la dolcezza delle Vostre consolazioni, e Vi ringrazio di avermene privato. Tutto ciò che Voi fate è giusto e buono. Vi benedico nella mia miseria. Non rimpiango nulla, tranne che di non avervi amato abbastanza; non desidero nulla, tranne che sia fatta la Vostra volontà. Voi siete il mio Maestro e io sono proprietà vostra. Voltatemi e rivoltatemi pure; distruggetemi e ricostruitemi. Voglio essere ridotto a nulla per amor vostro. O Gesù, com’è buona la vostra mano, anche al culmine della prova. Che io sia crocifisso, ma crocifisso per Voi. Amen» (cfr. Mons. L. Baunard, Le général De Sonis d’après ses papiers, Paris 1903).






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