2. La vita
interiore rende l’apostolo un santificatore mediante il buon esempio
Nel discorso sulla montagna, il Maestro chiama i
suoi Apostoli «sale della terra» e «luce del mondo» (Mt. 5, 3).
Sale della terra, possiamo esserlo nella misura
in cui siamo santi. A che mai potrebbe ancora servire il sale insipido? «Cosa
mai potrà essere purificato da ciò ch’è impuro?» (Eccl. 35, 4). Esso vale solo
per essere buttato sulla strada e calpestato.
L’apostolo pio invece, vero sale della terra,
sarà un autentico agente di conservazione in mezzo a questo mare di corruzione
ch’è la società umana. Qual faro splendente nella notte, lux mundi, lo
splendore del suo esempio, più che quello della sua parola, dissiperà le
tenebre addensate dallo spirito del mondo e farà risplendere l’ideale della
vera felicità, tracciato da Gesù nelle otto Beatitudini.
Il fattore maggiormente capace di condurre i
fedeli ad una vita cristiana, è precisamente la virtù di colui che ha la
missione d’insegnarla. Per contro, le sue debolezze allontanano da Dio in un
modo quasi irresitibile: «Per colpa vostra, il nome di Dio viene bestemmiato
fra i popoli» (Rom. 2, 24). Per questo l’apostolo, più che le belle parole
sulle labbra, deve aver la fiaccola del buon esempio in mano e praticare lui
per primo, in modo eccellente, le virtù che predica. Colui che ha la missione
di dire grandi cose è tenuto a farne di simili, dice san Gregorio Magno3.
Fu giustamente notato che il medico del corpo
può guarire i suoi malati senza godere di buona salute. Ma per guarire le anime
bisogna avere la propria anima ben sana, perché in questo caso si dà qualcosa
di sé stessi.
Gli uomini hanno il diritto di essere esigenti
verso chiunque pretenda d’insegnare a loro a riformarsi. Essi sanno rapidamente
discernere se la condotta è coerente con la predica, o se la morale di cui ci
si ammanta non è che una maschera ingannevole. In base al risultato di questo
confronto, essi accordano o rifiutano la fiducia.
Che potenza avrà il sacerdote nel parlare della
preghiera, se il popolo lo vedrà spesso a colloquio con l’Ospite troppo spesso
abbandonato nel Tabernacolo! Come sarà ascoltata la sua parola se, predicando
il lavoro e la penitenza, si dimostra laborioso e mortificato! Apologeta della
carità fraterna, troverà dei cuori attenti se, cercando di diffondere nel
gregge il buon odore di Cristo, rispecchierà nella sua condotta la dolcezza e
l’umiltà del divino Modello: «Vero modello del gregge» (1 Pt. 5, 3).
Il professore che non ha vita interiore, crede
aver fatto il suo dovere mantenendosi esclusivamente sul terreno di un
programma d’esame. Ma se avesse vita interiore, una frase sfuggita dal suo
labbro o dal suo cuore, una emozione manifestata sul volto, un gesto
espressivo, anzi il suo stesso modo di fare il segno di croce, di dire una
preghiera prima o dopo la lezione, fosse anche una lezione di matematica,
potrebbe avere sugli scolari maggior influenza di una predica.
La suora dell’ospedale e dell’orfanotrofio ha
nelle mani un potere e dei mezzi efficaci per far nascere nelle anime, pur
mantenendosi prudentemente nel proprio campo, un amore profondo per Gesù Cristo
e per i suoi insegnamenti. Se invece manca di vita interiore, non sospetterà
neppure l’esistenza di quel potere o non riuscirà a promuovere altro che atti
di pietà puramente esteriori e nulla di più.
Il Cristianesimo non si è diffuso tanto in virtù
di frequenti e lunghe discussioni, quanto con lo spettacolo dei costumi
cristiani così opposti all’egoismo, all’ingiustizia e alla corruzione dei
pagani. Nel suo famoso libro Fabiola4, il cardinale
Wiseman mette bene in rilievo quale potente efficacia aveva l’esempio dei primi
cristiani sull’animo dei pagani, anche di quelli più prevenuti contro la nuova
religione. In questo libro noi assistiamo al cammino progressivo e quasi
irresistibile di un’anima verso la luce. I nobili sentimenti, le virtù modeste
o eroiche che la figlia di Fabio nota in certe persone di tutte le condizioni e
di tutte le classi sociali, attirano la sua ammirazione. Ma quale cambiamento
si operò in lei, quale rivelazione fu per la sua anima, quando scoprì che tutti
coloro di cui ammirava la carità, l’abnegazione, la modestia, la dolcezza, la
moderazione, il culto della giustizia e della castità, appartenevano a quella
setta che sempre le era stata descritta come esecrabile! Da quel momento ella
divenne cristiana.
Dopo la lettura di questo libro si è costretti
ad esclamare: Ah!, se i cattolici, se i loro uomini di azione avessero almeno
un poco di quello splendore di vita cristiana descritta dall’illustre
cardinale, e che altro non è se non la pratica del Vangelo! Come sarebbe allora
irresistibile il loro apostolato verso questi pagani moderni, troppo spesso
prevenuti contro il cattolicesimo dalle calunnie dei settari, dal carattere
acerbo delle nostre polemiche o da un modo di rivendicare i propri diritti che
sembra provenire più dall’orgoglio ferito che non dal desiderio di difendere
gli interessi di Dio!
Com’è potente l’irradiazione esterna di un’anima
unita a Dio! Nel vedere il padre Passerat che celebrava la Santa Messa, il
giovane Desurmont si decise ad entrare nella Congregazione Redentorista, della
quale doveva poi diventare nobile decoro.
Il popolo ha di queste intuizioni che non
possono ingannarsi: se predica un uomo di Dio, corre in massa; ma se la
condotta di un uomo di azione non corrisponde più a quanto ci si aspetta da
lui, l’opera sua, per quanto abilmente condotta, è compromessa e va forse verso
una irreparabile rovina.
«Vedano le vostre buone opere e ne glorifichino
il Padre» (Mt. 5, 16), diceva Nostro Signore. San Paolo raccomanda spesso il
buon esempio ai suoi due discepoli Tito e Timoteo: «In ogni cosa mostrati
modello di buone opere» (Tit. 2, 7). «Sii modello dei fedeli nella parola,
nella condotta, nella fede e nella castità» (1 Tim. 4, 12). Egli stesso
esclama: «Quello che avete veduto in me, mettetelo in pratica» (Fil. 4, 9).
«Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (1 Cor. 11, 1). Il suo
linguaggio di verità si basa su quella sicurezza e quello zelo che sono ben
lungi dall’escludere l’umiltà e che facevano già esclamare Gesù Cristo: «Chi
mai potrà rinfacciarmi un qualche peccato?» (Gv. 8, 46).
Solo a questa condizione, cioè alla sequela di
Colui del quale è scritto «Incominciò ad operare e ad insegnare» (At. 1, 1),
l’apostolo diventerà «un operaio che non ha di che vergognarsi» (2 Tim. 2, 15).
«Soprattutto, figli carissimi – diceva Leone XIII
– ricordate che la purezza e santità di vita è la condizione indispensabile del
vero zelo e la miglior garanzia del successo»5.
Un uomo santo, perfetto e virtuoso, diceva santa
Teresa, fa realmente maggior bene alle anime che numerosi altri i quali sono
soltanto istruiti e più dotati.
«Se l’animo non è temperato, sarà difficile
promuovere negli altri il bene», dichiara san Pio X, ed aggiunge: «Quanti si
dedicano a promuovere il movimento cattolico, devono (...) essere di vita così
intemerata, da essere per tutti di esempio efficace»6.
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