Mediante la vita interiore l’apostolo irradia
la fede
La presenza di Dio in lui si manifesta alle
persone che l’ascoltano.
Sull’esempio di S. Bernardo – del quale si
diceva: «Dovunque andasse, manteneva la solitudine della propria anima» – egli
si isola dagli altri e in tal modo si crea una solitudine interiore. Ma
s’intuisce che non è solo, che ha nel cuore un Ospite misterioso ed intimo col
quale torna continuamente ad intrattenersi e dal quale riceve direzione,
consigli e ordini. Si sente che è sostenuto e guidato da Lui e che le parole
proferite dalla sua bocca non sono che l’eco fedele di quelle emanate da questo
Verbo interiore: «quasi discorsi di Dio» (1 Pt. 4, 11). Più che la logica e la
forza degli argomenti, dunque, a manifestarsi è il Verbo interiore, il Verbum
docens, che parla attraverso la sua creatura: «Le parole che vi dico non
sono mie, ma del Padre che è in me: è Lui che opera» (Gv. 14, 10). Si tratta di
un influsso profondo e duraturo, ben più profondo che l’ammirazione
superficiale o la devozione passaggera suscitate da un uomo senza vita
interiore. Questi potrà anche spingere l’uditorio ad esclamare: «com’è vero,
com’è interessante!»; ma questo è un sentimento assolutamente incapace di
condurre di per sé alla fede soprannaturale e di far vivere di questa fede.
Fra Gabriele, converso trappista, nelle sue
umili funzioni di vice-locandiere, ravvivava la fede di numerosi visitatori
molto meglio di quanto avrebbe potuto fare un dotto sacerdote il cui linguaggio
parlasse più alla mente che al cuore. Il generale De Miribel andava spesso a
conversare con l’umile frate e si compiaceva di dire: «Vado a ritemprarmi nella
fede».
Mai come ai giorni nostri si è tanto predicato,
discusso e scritto sapienti trattati di apologetica; eppure forse mai come
oggi, almeno considerando la massa dei fedeli, la fede è stata così poco viva.
Troppo spesso coloro che hanno la missione d’insegnare sembra che considerino
l’atto di fede solo come un atto dell’intelligenza, mentre esso costituisce
anche un atto della volontà. Essi dimenticano che credere è un dono
soprannaturale e che, tra accettare i motivi di credibilità e compiere l’atto
di fede, c’è di mezzo un abisso. Dio solo e la buona volontà di chi viene
istruito possono colmare questo abisso, ma quanto aiuta in questo il riflesso
della luce divina prodotta dalla santità di colui che insegna!
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