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Dom Jean-Baptiste Gustave Chautard
Anima di ogni Apostolato

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  • La vita interiore è condizione della fecondità delle opere
    • 3. La vita interiore produce nell’apostolo l’irraggiamento soprannaturale. Quanto questo sia efficace
      • Con la vita interiore, l’apostolo irradia la bontà
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Con la vita interiore, l’apostolo irradia la bontà

Secondo san Francesco di Sales, lo zelo che non è caritatevole procede da una carità che non è veritiera. Gustando per mezzo dell’orazione la soavità di Colui che la Chiesa chiama «oceano di bontà», l’anima arriva a trasformarsi. Anche se fosse naturalmente portata all’egoismo e alla durezza di cuore, a poco a poco questi difetti scompariranno. Nutrendosi di Colui in cui apparve la benignità di Dio verso il mondo – «Apparve la benignità e l’amore del Salvatore Dio nostro per l’uomo» (Tit. 2, 11) – di Colui ch’è l’immagine e l’espressione adeguata della Bontà divina – «Immagine della sua bontà» (Sap. 7, 26) – l’apostolo partecipa alla beneficenza di Dio e prova il bisogno di essere diffusivo come Lui.

Più un cuore è unito a Gesù Cristo, più esso partecipa alla qualità principale del Cuore divino ed umano del Redentore: la bontà. Indulgenza, benevolenza, compassione, tutto in lui si moltiplica, e la sua generosità e la sua dedizione giungeranno sino all’immolazione gioiosa e magnanima.

Trasfigurato dall’amore divino, l’apostolo si attirerà facilmente la simpatia delle anime: «Piacque per la bontà e l’alacrità dell’anima sua» (Eccl. 40, 4). Le sue parole ed i suoi atti saranno improntati alla bontà, ma ad una bontà disinteressata e priva di somiglianza con quella ispirata dal desiderio della popolarità o da un sottile egoismo.

«Dio ha voluto – scrisse Lacordaire – che nessun bene si potesse fare all’uomo se non amandolo, e che l’insensibilità fosse eternamente incapace sia di dargli la luce che d’ispirargli la virtù». Difatti ci si fa un vanto di resistere alla forza che vuole imporsi; diventa un’impuntatura sollevare obiezioni alla scienza che pretende di convincere sempre; ma poiché non sentiamo alcuna umiliazione a essere disarmati dalla bontà, cediamo facilmente al fascino dei suoi modi.

Una piccola Suora dei Poveri, una Suora dell’Assunzione o una Figlia della Carità potrebbero citare una quantità di conversioni fatte senza discussioni, usando la sola forza di una bontà infaticabile e spesso eroica.

Davanti a questi miracoli di abnegazione, l’empio o il peccatore esclamano: «Qui c’è Dio! Lo vedo proprio quale Egli si definisce: il buon Dio». E buono dev’essere davvero, se il trattare con Lui trasforma un essere tanto delicato in uno capace di annientare il proprio orgoglio e di far tacere le più legittime ripugnanze.

Questi angeli terreni mettono in pratica la definizione data dal padre Faber: «La bontà è l’effusione di se stesso negli altri; essere buono vuol dire mettere gli altri al posto di sé stesso. La bontà ha convertito un maggior numero di peccatori che non lo zelo, l’eloquenza o l’istruzione, e queste tre cose non hanno mai convertito nessuno senza che la bontà vi abbia svolto un qualche ruolo. Insomma, la bontà ci rende come tanti dèi gli uni per gli altri. E’ appunto la manifestazione di questo sentimento negli uomini apostolici che attira a loro i peccatori portandoli quindi alla conversione».

Ed aggiunge: «La bontà si dimostra ovunque il miglior pioniere del Preziosissimo Sangue. (...) Indubbiamente, i castighi del Signore sono spesso il principio di quella sapienza che si chiama conversione; ma bisogna colpire gli uomini con la bontà, altrimenti il timore non produrrà che infedeli»8. Abbiate il cuore di una madre, diceva San Vincenzo Ferreri. Sia che dobbiate incoraggiare o intimorire, mostrate a tutti una profonda e tenera carità e fate che il peccatore senta ch’essa ispira le vostre parole. Se volete essere utili alle anime, cominciate col ricorrere a Dio di cuore, affinché Egli diffonda in voi questa carità che è il compendio di tutte le virtù, e possiate così raggiungere efficacemente, per mezzo di essa, lo scopo che vi siete proposto9.

Tra la bontà naturale, semplice frutto del temperamento, e la bontà soprannaturale di un’anima apostolica, c’è tutta la distanza che separa l’umano dal divino. La prima potrà far nascere il rispetto e forse la simpatia per l’operaio evangelico, e talvolta farà deviare verso la creatura un’affezione che doveva rivolgersi a Dio; ma non riuscirà mai a determinare le anime a fare, e solamente per amore di Dio, il sacrificio necessario per tornare al loro Creatore. Solo la bontà che deriva dall’intimità con Gesù può operare questo.

L’ardente amore per Gesù e la vera dedizione per le anime permettono all’apostolo tutte le audacie compatibili con il tatto e la prudenza. Un illustre laico mi ha raccontato che un giorno, conversando con San Pio X, egli si era lasciato sfuggire qualche parola mordace contro un nemico della Chiesa. Il Papa allora gli aveva detto: «Figlio mio, io non approvo il vostro linguaggio. Per punizione ascolterete la storia seguente. Un sacerdote che io conosco molto bene, appena giunto nella sua prima parrocchia, credette suo dovere visitare tutte le famiglie, non esclusi gli ebrei, i protestanti e gli stessi massoni, e poi annunziò dal pulpito che ogni anno avrebbe rinnovata la visita. Grande agitazione tra i suoi confratelli, che andarono a lamentarsi dal Vescovo. Questi chiamò l’accusato e gli fece un’aspra ammonizione. Il curato rispose modestamente: “Eccellenza, Gesù nel Vangelo ordina al pastore di condurre all’ovile tutte le sue pecorelle: oportet illas adducere. Ma come riuscirvi, senza andare alla loro ricerca? D’altronde io non transigo sui princìpi e mi limito a dimostrare il mio interessamento e la mia carità a tutte le anime che Dio mi ha affidato, anche a quelle fuorviate. Ho annunziato queste visite dal pulpito, ma se è vostro desiderio che me ne astenga, degnatevi di darmene il divieto per iscritto, per far sapere che io non faccio altro che obbedire ai vostri ordini”. Il Vescovo, colpito dall’assennatezza di un tal linguaggio, non insistette. D’altra parte, l’avvenire diede ragione al sacerdote, il quale ebbe la gioia di convertire alcuni dei fuorviati e di obbligare tutti gli altri al rispetto della nostra santa Religione. Più tardi, per volontà di Dio, quell’umile parroco è diventato il Papa che vi sta dando questa lezione di carità, figlio mio. Restate pertanto irremovibile sui principi, ma la vostra carità si estenda a tutti gli uomini, fossero anche i peggiori nemici della Chiesa».




8. La bontà, in: F.W. Faber, Conferenze spirituali, Marietti, Torino 1871, 3 vv.



9 S. Vicente Ferrer, Tractatus vitae spiritualis, p. II, c. X; cfr. trad. spagnola della B.A.C., Madrid 1966.




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