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Dom Jean-Baptiste Gustave Chautard
Anima di ogni Apostolato

IntraText CT - Lettura del testo

  • La vita interiore è condizione della fecondità delle opere
    • 3. La vita interiore produce nell’apostolo l’irraggiamento soprannaturale. Quanto questo sia efficace
      • Con la vita interiore l’apostolo irradia l’umiltà
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Con la vita interiore l’apostolo irradia l’umiltà

E’ facile comprendere che la bontà e la dolcezza di Gesù attiravano le moltitudini; ma si può attribuire lo stesso potere alla sua umiltà? Non dubitiamone.

«Senza di me non potete fare nulla» (Gv. 15, 5). Innalzato dal Creatore alla dignità di cooperatore, l’apostolo diventa uno strumento di operazioni soprannaturali, ma a condizione che vi si manifesti il solo Gesù. Più saprà cancellarsi e diventare impersonale, più Gesù avrà cura di manifestarsi. Se non c’è questa impersonalità, frutto della vita interiore, l’apostolo pianterà e irrigherà invano: non germoglierà nulla.

L’umiltà vera ha un fascino speciale la cui fonte è Gesù stesso. Essa respira il divino. Allo zelo che l’uomo impiega nel far scomparire se stesso per far sì che sembri agire solo Gesù – «Bisogna ch’Egli cresca e io diminuisca» (Gv. 3, 30) – il Signore corrisponde il dono, concesso al suo ministro, di guadagnare sempre più i cuori.

In tal modo, l’umiltà diventa uno dei più potenti mezzi d’azione sulle anime. Diceva san Vincenzo de’ Paoli ai suoi sacerdoti: «Credetemi, noi non saremo mai adatti a compiere l’opera di Dio, se non ci convinceremo che da noi stessi siamo capaci più di rovinare tutto che di costruire qualcosa».

Può darsi che qualcuno si stupisca del mio frequente ritornare su certi pensieri; lo faccio perché mi sembra che soltanto ripetendoli potrò inciderli nello spirito dei miei cari lettori mostrandone loro tutta l’importanza.

Modi di procedere arroganti e arie presuntuose, non hanno forse spesso gran colpa nella sterilità delle opere?

Il cristiano «moderno» pretende di salvaguardare la propria indipendenza; accetterà di obbedire a Dio, ma a Dio solo. Dal ministro di Dio non accetterà ordinidirettive e neppure consigli, se non vi leggerà l’autentica firma di Dio.

Per questo è necessario che l’apostolo sappia talmente occultarsi e scomparire mediante il sacrificio dell’umiltà, frutto della vita interiore, da arrivare al punto di essere, agli occhi di quelli che l’ascoltano e lo giudicano, nient’altro che la trasparenza di Dio, realizzando in sé la parola del Maestro: «Chi è maggiore fra voi, sarà vostro servitore. Voi non definitevi maestri e non fatevi chiamare dottori» (Mt. 29, 31).

Il semplice aspetto dell’uomo di vita interiore diventa un insegnamento della scienza della vita, che è la scienza della preghiera (Sant’Agostino). E perché questo? Perché con l’umiltà egli ispira la dipendenza da Dio. Questa dipendenza, in cui l’anima si mantiene di continuo, si manifesta con l’abitudine di ricorrere a Dio in ogni occasione, sia per prendere una decisione, sia per trovare consolazione nelle difficoltà, sia soprattutto per ottenere la forza sufficiente a trionfarne.

Nel Breviario, al Comune dei Confessori non Pontefici, si leggono le seguenti parole con le quali san Beda commenta tanto mirabilmente l’espressione «piccolo gregge»: «Il Salvatore chiamapiccolo’ il gregge degli eletti, sia perché lo paragona alla moltitudine dei reprobi, sia più ancora per il suo appassionato zelo per l’umiltà; per quanto numerosa ed estesa sia ormai la sua Chiesa, Egli vuole tuttavia ch’essa cresca sino alla fine del mondo sempre nell’umiltà, arrivando così al regno promesso all’umiltà»10.

Questo testo s’ispira alle forti lezioni che Gesù Cristo ai suoi Apostoli quando, per esempio, essi vogliono ritorcere a proprio vantaggio la loro vocazione all’apostolato, mostrandosi pieni di ambizione e di gelosia. «Voi sapete – dice a loro il Maestro – che i capi delle nazioni le dominano ed i grandi esercitano il potere sopra di esse. Ma tra voi non sarà così; anzi, chi vorrà tra voi diventare il maggiore vi faccia da ministro e chi vorrà tra voi essere il primo, diventi vostro servo» (Mt. 20; Lc. 22).

Ma in tal modo non sin finirà con l’indebolire l’autorità? Risponde Bourdaloue: ci sarà sempre abbastanza autorità tra voi se ci sarà abbastanza umiltà; ma se l’umiltà svanisce, l’autorità diventa pesante ed insopportabile.

Senza la vera umiltà, l’apostolo cade in uno di questi eccessi: o diventa troppo bonaccione, o più spesso tende a diventare un tiranno.

Lasciamo qui da parte la questione dottrinale. Supponiamo che l’apostolo sia sufficientemente illuminato da preservare la sua intelligenza tanto da una tolleranza senza limiti quanto da un’asprezza di zelo, entrambe sconvenienze criticate da Dio; supponiamo che suoi principi siano perfettamente sani e che la sua scienza sia esatta. Posto questo, affermo che un tale apostolo, senza l’umiltà, non riuscirà a tenere il giusto mezzo tra i due estremi e che la vigliaccheria, o più spesso l’orgoglio, si manifesteranno nella sua condotta.

O, cedendo ad una falsa umiltà, egli sarà pusillanime, lascerà che la carità degeneri in debolezza, sarà l’uomo delle concessioni esagerate, delle riconciliazioni ad ogni costo, e il suo zelo nel preservare i princìpi scomparirà con mille pretesti, motivazioni di prudenza e calcoli meschini.

Oppure il naturalismo e la cattiva tendenza della volontà metteranno in gioco l’orgoglio, la suscettibilità, l’Io. Ne deriveranno odi personali, «autoritarismo», rancori, dispetti, rivalità, antipatie, parzialità, ambizioni, vendette, gelosie, desideri troppo umani di privilegi, calunnie, maldicenze, parole aspre, mondano spirito di parte, asprezza nel difendere i princìpi, eccetera.

Invece di restare il vero fine alla cui ricerca si nobilitano le nostre passioni, la gloria di Dio verrà ridotta da questo apostolo alla condizione di mezzo e di pretesto per puntellare, sviluppare e giustificare quelle stesse passioni in ciò che hanno di troppo umano. I minimi attacchi alla gloria di Dio o alla Chiesa provocheranno scatti d’ira in cui lo psicologo scoprirà la difesa della personalità dell’operaio apostolico o dei privilegi della propria casta in quanto società puramente umana, ben più che la dedizione alla causa di Dio, unica ragione dell’esistenza della Chiesa come società perfetta stabilita da Nostro Signore.

La sicurezza di dottrina e il sano discernimento non bastano a preservare da queste deviazioni, perché l’apostolo privo di vita interiore, essendo perciò privo di vera umiltà, verrà influenzato dalle proprie passioni. Solo l’umiltà, conservandolo nella rettitudine di giudizio e distogliendolo dall’agire per impressioni, darà maggior equilibrio e stabilità nella sua vita. Unendolo a Dio, lo farà partecipare, per così dire, alla immutabilità divina; simile alla fragile edera che diviene forte e stabile, della fortezza incrollabile della quercia, quando con tutte le sue fibre s’attacca al robusto tronco di questa regina delle foreste.

Non si esiti a riconoscerlo: senza l’umiltà, seppure non cadremo nel primo eccesso, la nostra natura ci trascinerà al secondo, oppure oscilleremo ora verso l’uno ed ora verso l’altro, a seconda delle circostanze o delle passioni. In tal modo si realizzeranno quelle parole di san Tommaso: «L’uomo è un essere mutevole; è costante solo nella sua incostanza».

Il logico risultato di un apostolato così difettoso sarà o il disprezzo per una autorità pusillanime o la diffidenza, e spesso l’odio, verso un’autorità che non riflette quella di Dio.




10 S. Beda, Homiliae in Lucam, XII, l. IV, c. LIV; cfr. Id.,  Omelie sul Vangelo, Città Nuova, Roma 1990.




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