4. La vita
interiore dà all’operaio evangelico la vera eloquenza
Intendo parlare qui dell’eloquenza apportatrice
di grazia, capace di convertire le anime e condurle alla virtù. Ne ho già
parlato incidentalmente e perciò mi limito a poche parole.
Nell’ufficio di S. Giovanni Evangelista si legge
questo responsorio: «Riposando sul petto del Signore, egli bevve alla sorgente
che scaturiva dallo stesso Sacro Cuore, e diffuse in tutto i mondo i fiumi
della grazia divina». In queste poche parole, quale profonda lezione per tutti
coloro che, come predicatori o scrittori o catechisti, hanno la missione di
diffondere la parola divina! Con queste incisive espressioni la Chiesa svela ai
suoi sacerdoti la sorgente della vera eloquenza.
Tutti gli evangelisti sono ugualmente ispirati,
tutti hanno il loro scopo provvidenziale; tuttavia ognuno ha una propria
eloquenza.
San Giovanni più degli altri possiede quella che
giunge alla volontà per mezzo del cuore, in cui versa la grazia del Verbo
divino. Il suo Vangelo, con le lettere di san Paolo, è il libro preferito dalle
anime che trovano la vita terrena vuota di senso senza l’unione con Gesù
Cristo.
Donde proviene a San Giovanni quest’affascinante
eloquenza? Da quale monte sgorga quel fiume le cui acque benefiche irrigano il
mondo intero? Il testo liturgico ce lo dice: é un fiume che sgorga dal
Paradiso, «quasi unus ex Paradisi fluminibus Evangelista Ioannes».
A che servono tante alte montagne e tanti
ghiacciai? «Non sarebbe più utile – dirà l’ignorante – se queste immense alture
di terra si livellassero distendendosi in pianura?» Egli non pensa che, senza
quelle alte cime, le pianure e le valli sarebbero sterili come il deserto del
Sahara. Sono infatti proprio le montagne che, con i fiumi di cui sono serbatoi,
danno fertilità alla terra.
L’alta vetta del Paradiso, da cui scaturisce la
sorgente che alimenta il Vangelo di San Giovanni, altro non è che il Cuore di
Gesù: «Evangelii fluenta de ipso sacro Dominici pectoris fonte potavit»;
appunto perché l’Evangelista, con la vita interiore, ha udito i battiti del
Cuore dell’Uomo-Dio e l’ immensità del suo amore per gli uomini, la sua parola
è apportatrice del Verbo divino: «Verbi Dei gratiam diffudit».
Allo stesso modo, si può dire che gli uomini di
vita interiore sono in un certo senso fiumi del Paradiso. Con le loro preghiere
e immolazioni attirano dal Cielo sulla terra le acque vive della grazia e
allontanano o abbreviano i castighi meritati dal mondo. Inoltre, andando ad
attingere – nel più alto dei cieli, dal cuore di Colui nel quale risiede la
vita intima di Dio – l’acqua viva della vita, la versano con abbondanza sulle
anime: «Haurietis aquas de fontibus Salvatoris». Chiamati ad annunciare la
parola di Dio, lo fanno con un’eloquenza di cui essi soli hanno il segreto.
Essi raccontano il Cielo alla terra; essi illuminano, riscaldano, consolano,
fortificano. Senza tali qualità unite insieme, l’eloqueza sarà incompleta; ma
il predicatore non potrà riunirle se non vivendo di Gesù.
Son davvero io uno di coloro che, per dare forza
dell’azione alla propria eloquenza, contano soprattutto sulla preghiera, sulla
visita al Ss.mo Sacramento, sulla Messa, sulla Comunione? Se così non è, potrò
essere un rumoroso cymbalum tinniens, potrò rimbombare come un bronzo, velut
aes sonans, ma non sarò mai il canale dell’amore, di quell’amore che rende
irresistibile l’eloquenza degli amici di Dio.
Il quadro della verità cristiana, esposto da un
predicatore istruito ma di pietà mediocre, può commuovere le anime, avvicinarle
a Dio ed anche accrescere la loro fede. Ma per impregnarle del vivificante
sapore della virtù è necessario aver gustato lo spirito del Vangelo e, per
mezzo della meditazione, averne fatta la sostanza della propria vita.14
Ripetiamo ancora che solo lo Spirito Santo,
principio di ogni fecondità spirituale, opera le conversioni e diffonde le
grazie che spingono a fuggire il vizio e praticare la virtù. La parola
dell’operaio evangelico, impregnata dell’unzione dello Spirito santificatore,
diviene un canale vivente che riversa l’azione divina. Prima della Pentecoste
gli Apostoli avevano predicato quasi senza frutto; ma dopo il loro ritiro di
dieci giorni, tutto pregno di vita interiore, lo Spirito di Dio li invade e li
trasforma; i loro primi esempi di predicazione sono pesche miracolose.
Altrettanto vale per i seminatori del Vangelo; mediante la vita interiore, essi
sono veramente apportatori di Cristo, piantano ed irrigano efficacemente e
allora lo Spirito Santo garantisce la crescita. La loro parola è ad un tempo il
buon seme che cade e la pioggia che feconda; il sole che fa crescere e maturare
non manca mai.
«Il solo risplendere è vano, il solo riscaldare
è poco; la perfezione sta nel risplendere riscaldando», dice san Bernardo, che
continua: «Specialmente agli Apostoli e agli uomini apostolici è stato detto:
La vostra luce risplenda davanti agli uomini; essi vengono notati perché accesi,
anzi infuocati».15
L’apostolo attinge l’eloquenza evangelica dalla
vita d’unione con Gesù mediante la meditazione e la custodia del cuore, ma
l’attinge anche dalle Scritture studiate e gustate con passione. Per lui ogni
parola rivolta da Dio all’uomo, ogni detto uscito dalle adorabili labbra di
Gesù, è un diamante di cui ammira le varie sfaccettature alla luce del dono
della sapienza, così particolarmente sviluppato in lui. Ma siccome egli non
apre il Libro sacro se non dopo aver pregato, non solo ne ammira gli
insegnamenti, ma li assapora come se lo stesso Spirito Santo li avesse dettati
solo per lui.
Quanta unzione perciò quando, salito sul
pulpito, cita la parola di Dio, e quale diversità tra i lumi che ne fa scaturire
lui e le ingegnose o sapienti applicazioni che può trarne un predicatore
assistito dai soli lumi della ragione e da una fede pressoché astratta e morta!
Il primo mostra la verità viva che avvolge le anime con una realtà che non
vuole solo illuminarle ma anche vivificarle. Il secondo non sa parlarne se non
come di una equazione algebrica, indubbiamente esatta, ma fredda e senza legami
con la vita intima; egli lascia la verità astratta, o, per così dire, allo
stato di semplice memoriale, o tutt’al più capace solo di eccitare i cuori per
via del cosiddetto carattere estetico del cristianesimo. «La maestà delle
Scritture mi sbalordisce e la semplicità del Vangelo mi parla al cuore»,
confessava il sentimentale Rousseau. Ma che importavano alla gloria di Dio
queste vaghe e sterili emozioni?
Il vero apostolo, invece, possiede il segreto di
mostrare il Vangelo nella sua verità, non soltanto sempre attuale, ma anche
sempre operante e continuamente rinnovata, perché divina, per l’anima che ne
entra in contatto. Senza fermarsi a gustarne il sentimento, egli giunge,
mediante la parola divina, fino a quella volontà in cui risiede la
corrispondenza alla vera vita; le convinzioni da lui prodotte generano amore e
risoluzione. Egli solo possiede la vera eloquenza evangelica.
Non vi può essere vita interiore completa senza
una tenera devozione a Maria Immacolata, che è il canale per eccellenza di
tutte le grazie, e soprattutto delle grazie più elette. L’apostolo abituato al
continuo ricorso a Maria – senza del quale san Bernardo non può comprendere
come si possa essere vero figlio di questa incomparabile Madre – nell’esporre
il dogma sulla Madre di Dio e degli uomini, trova parole che non solo
colpiscono e commuovono gli uditori, ma trasmettono a loro questo stesso bisogno
di ricorrere, in ogni difficoltà, alla Dispensatrice del Sangue divino. Basta
che questo apostolo lasci parlare la sua esperienza ed il suo cuore, per
guadagnare le anime alla Regina del Cielo e, per mezzo di Lei, gettarle nel
Cuore di Gesù.
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