2. Che cosa dev’essere
la mia orazione?
Ascensio mentis in Deum. «Tale ascesa – dice San Tommaso – essendo un atto della
ragione non speculativa ma pratica, presuppone gli atti della volontà».
L’orazione mentale è dunque un vera fatica,
soprattutto per gli incipienti. Fatica per staccarsi un momento da ciò che non
è Dio. – Fatica per restare mezz’ora fissi in Dio e riuscire a prendere un
nuovo slancio verso il bene. – Fatica senza dubbio penosa all’inizio, ma che voglio
accettare con generosità. – Fatica che però sarà ben presto coronata dalla più
grande consolazione che si possa avere sulla terra: la pace nell’amicizia e
nell’unione con Gesù.
«L’orazione – dice Santa Teresa – non è che un
colloquio amichevole in cui l’anima parla, cuore a cuore, con Colui dal quale
si sente amata».
Colloquio cordiale. Sarebbe un’empietà supporre
che Dio, il quale, ben più che impormi questa conversazione, me ne infonde il
bisogno e spesso l’attrattiva, non voglia anche facilitarmela. Anche se da
molto tempo l’ho abbandonata, Gesù mi ci richiama teneramente e mi offre
un’assistenza speciale per questo linguaggio della mia fede, della mia speranza
e della mia carità che dovrà essere la mia orazione, come la chiama il Bossuet.
Vorrò forse resistere a questo appello di un
Padre che invita anche il figlio prodigo ad ascoltare la sua Parola, a
intrattenersi familiarmente con Lui, ad aprirgli il mio cuore e ad ascoltare i
battiti del suo?
Colloquio semplice. Sarò spontaneo: parlerò
dunque a Dio da tiepido, da peccatore, da dissipatore oppure da fervoroso. Con
l’ingenuità di un fanciullo, gli esporrò il mio stato d’animo e non parlerò se
non il linguaggio che esprime sinceramente ciò che sono.
Colloquio pratico. Il fabbro non immerge il ferro
nel fuoco per renderlo ardente e luminoso, ma perché diventi malleabile. Così
l’orazione deve illuminare la mia intelligenza e riscaldare il mio cuore, ma
solo affinché l’anima mia diventi così flessibile da poter essere martellata,
perdendo i difetti o la forma dell’uomo vecchio e ricevendo le virtù o la forma
di Gesù Cristo.
Il mio colloquio dunque punterà ad elevare la
mia anima fino alla santità di Gesù, affinché Egli la possa modellare a sua
immagine. «Tu, o Signore Gesù, tu formi e plasmi il mio cuore con la tua mano
dolcissima e misericordiosissima, ma anche fortissima» (S. Agostino).
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