3. Come farò la
mia orazione?
Per tradurre in pratica la definizione e lo
scopo, mi atterrò a questo metodo logico:
– Porrò la mia mente, ma soprattutto la mia fede
e il mio cuore, davanti a nostro Signore che m’insegna una verità o una virtù.
– Ecciterò la mia sete di adeguare la mia anima
all’ideale intravisto.
– Deplorerò tutto ciò che gli si oppone.
– Prevedendo gli ostacoli, mi deciderò a
superarli.
– Chiederò con insistenza la grazia efficace per
riuscirvi, ben convinto che da solo non concluderei nulla.
Come un viaggiatore spossato, ansante, cerco di
dissetarmi; alla fine... Video: scopro una fonte. Ma essa zampilla su
un’erta roccia... Sitio: più contemplo quell’acqua limpida, che mi
permetterebbe di continuare il viaggio, più si accentua in me il desiderio di
dissetarmi, nonostante gli ostacoli... Volo: ad ogni costo voglio
raggiungere quella sorgente e mi sforzo di arrivarci, ma purtroppo devo
constatare la mia impotenza... Volo tecum: arriva una guida, che non
aspetta altro che io le chieda di aiutarmi; essa mi conduce anche nei passaggi
più scabrosi; ben presto posso dissetarmi a lunghi sorsi. Così le acque vive
della grazia zampillano dal Cuore di Gesù.
La mia lettura spirituale della sera, elemento
così prezioso di vita interiore, ha riacceso il mio desiderio di fare
all’indomani l’orazione... Prima di coricarmi, considero sommariamente, ma in
modo chiaro e preciso, il soggetto dell’orazione2,
come pure il frutto specifico che desidero ricavarne, ed eccito davanti a Dio
il desiderio di profittarne.
L’ora della meditazione è venuta3.
Voglio staccarmi dalla terra, costringere la mia immaginazione a rappresentarmi
una scena viva e parlante che io sostituisco alle mie preoccupazioni, alle mie
distrazioni, eccetera4. Rappresentazione rapida e a grandi
linee, ma abbastanza convincente da commuovermi e gettarmi alla presenza di
quel Dio, la cui attività tutta amorosa vuol avvolgermi e penetrarmi. Ed eccomi
in relazione con un Interlocutore Vivente5, Adorabile e
Amabile.
Dapprima adoro profondamente; ciò s’impone da
sé. Seguono poi atti di annientamento, di contrizione, di fedeltà, di preghiera
umile e fiduciosa, affinché sia benedetto questo colloquio col mio Dio6.
Video
Colpito dalla vostra viva presenza, o Gesù, e
quindi liberato dall’ordine puramente naturale, vado a cominciare il mio
colloquio col linguaggio della fede, più fecondo delle analisi della mia
ragione. A questo scopo, leggo o richiamo alla mente, con cura, il punto da
meditare; lo riassumo e concentro in esso la mia attenzione.
O Gesù, siete Voi che mi parlate e m’insegnate questa
verità; voglio dunque ravvivare e accrescere la mia fede su ciò che Voi mi
presentate come cosa assolutamente certa, perché fondata sulla vostra Veracità.
E tu, o anima mia, ripeti continuamente: lo
credo; ripetilo con sempre maggior forza. Come un bimbo che recita la lezione
assegnata, ripeti moltissime volte che tu abbracci questa dottrina e le sue
conseguenze per la tua eternità7. «O Gesù, questo è vero,
assolutamente vero, perciò lo credo. Voglio che questo raggio di sole della
Rivelazione sia come il faro della mia giornata. Rendete la mia fede più
ardente; ispiratemi un vigoroso desiderio di vivere questo Ideale e una santa
collera contro tutto ciò che gli è contrario. Voglio divorare questo alimento
di verità e assimilarmelo».
Ma se, dopo alcuni minuti passati nell’eccitare
la mia fede, rimango inerte davanti alla verità che mi si presenta, non
insisterò oltre. Vi esporrò filialmente, o mio buon Maestro, il dolore che
provo per questa mia impotenza e Vi pregherò di supplirvi.
Sitio
Dalla frequenza e soprattutto dal vigore dei
miei atti di fede, vera partecipazione ad un raggio dell’Intelletto divino,
dipenderà il grado di esultanza del mio cuore, linguaggio della carità
affettiva.
Sia che nascano da sé sia che vengano eccitati
dalla mia volontà, gli affetti sono fiori che la mia anima di fanciullo sparge
ai piedi di Gesù che parla: atti di adorazione, riconoscenza, amore, gioia,
adesione alla volontà divina e distacco da tutto il resto, avversione, odio,
timore, collera, speranza, abbandono.
Il mio cuore sceglie uno o più di questi
sentimenti, se ne impregna, Ve li manifesta, o Gesù, e Ve li ripete molte
volte, teneramente e lealmente, ma con tutta semplicità.
Se la mia sensibilità mi offre il suo aiuto, io
l’accolgo, poiché mi può essere utile anche se non è necessario. Un’affezione
calma ma profonda è più sicura e più feconda delle emozioni superficiali.
Queste ultime non dipendono da me e non sono mai il termometro della vera e
fruttuosa orazione. Quello che è sempre in mio potere e che importa
soprattutto, è lo sforzo per scuotere il torpore del mio cuore e fargli
ripetere: «Mio Dio, voglio unirmi a Voi; voglio annientarmi dinanzi a Voi;
voglio cantare la mia gratitudine e la mia gioia di compiere la vostra volontà.
Non voglio più mentire dicendovi che Vi amo e che detesto tutto ciò che Vi
offende», eccetera.
Benché mi sia sinceramente sforzato, può
talvolta accadere che il mio cuore rimanga freddo ed esprima fiaccamente le sue
affezioni. Allora, o Gesù, vi esprimerò umilmente la mia desolazione e il mio
desiderio; prolungherò volentieri i miei gemiti, nella convinzione che,
lamentandomi così dinanzi a Voi per questa mia sterilità, acquisterò uno
speciale diritto ad unirmi agli affetti del vostro divino Cuore in un modo
efficacissimo, sebbene nell’aridità, nel buio e nel freddo.
Quant’è bello, o Gesù, l’Ideale che scorgo in
Voi! Ma la mia vita è in armonia con questo Esemplare perfetto? Compio questa
indagine sotto il vostro sguardo profondo, o divino Interlocutore che, se ora
siete tutto misericordia, sarete invece tutto giustizia quando v’incontrerò nel
giudizio particolare, in cui con un solo sguardo scruterete i più segreti
moventi dei minimi atti della mia esistenza. Vivo di questo Ideale? Se morissi
in questo istante, o Gesù, non trovereste la mia condotta in piena antitesi con
esso?
Su quali punti desiderate, o Maestro Buono, che
io mi corregga? Aiutatemi a scoprire dapprima gli ostacoli che m’impediscono di
imitarvi, poi le cause interne o esterne e le occasioni prossime o lontane
delle mie mancanze.
La vista delle mie miserie e delle mie
difficoltà, o mio Redentore, obbliga il mio cuore ad esprimervi confusione,
dolore, tristezza, rimpianti amari, sete ardente di migliorare, offerta
generosa e senza riserve di tutto il mio essere. «Voglio piacere a Dio in
tutto»8.
Volo
Mi avanzo maggiormente nella scuola del volere.
E’ il linguaggio della carità effettiva. Gli
affetti hanno fatto nascere in me il desiderio di correggermi; ne ho
individuato gli ostacoli; ora tocca alla mia volontà di dire: «voglio
toglierli». O Gesù, il mio ardore nel ripetervi questo «voglio», dipende dal
mio fervore nel ripetere: credo, amo, mi pento, detesto.
Se talvolta questo «voglio» non scaturisce con
quell’energia che speravo, o mio amato Salvatore, deplorerò questa debolezza
della mia volontà e, lungi dallo scoraggiarmi, non mi stancherò di ripetervi
quanto desidero partecipare alla vostra generosità nel servizio del Padre
celeste.
Alla mia risoluzione generale di lavorare per la
mia salvezza e per amare Dio, unisco la risoluzione di applicare la mia
orazione alle difficoltà, alle tentazioni ed ai pericoli della giornata. Ma
soprattutto avrò cura di ritemprare con amore più ardente quel proposito9
che è oggetto del mio esame particolare (difetto da combattere o virtù da
praticare); lo fortificherò con motivi che attingerò dal Cuore del Maestro e,
da abile stratega, individuerò i mezzi capaci di assicurarne l’esecuzione,
prevedendo le occasioni e preparandomi alla lotta.
Se intravedo uno specifico pericolo di
dissipazione, d’immortificazione, di umiliazione, di tentazione, una decisione
grave eccetera, mi dispongo per quel momento alla vigilanza, alla lotta e
soprattutto all’unione con Gesù e al ricorso alla Madonna.
Nonostante tutte queste precauzioni, potrà
capitarmi di cadere ancora; ma che differenza tra queste cadute di sorpresa e
le altre! Via gli scoraggiamenti!, perché so che Dio è glorificato dal mio
continuo ricominciare per rendermi più risoluto, più diffidente di me stesso, più
sollecito nel ricorrere a Lui. Solo a questo prezzo potrò riuscire.
Volo tecum
«Obbligare uno storpio a camminare bene è meno
assurdo che voler riuscire senza di Voi, o mio Salvatore» (S. Agostino). Le mie
risoluzioni non sono forse rimaste sterili perché l’ «io posso tutto» non è
derivato dall’ «in Colui che mi dà forza»? 10. Arrivo dunque
al punto della mia orazione che, sotto certi aspetti, è il più importante: la
supplica o il linguaggio della speranza.
Senza la vostra grazia, o Gesù, io non posso far
nulla. Questa grazia non la merito a nessun titolo, ma so che le mie
insistenze, lungi dallo stancarvi, costituiranno la misura del vostro soccorso,
se esse riflettono la mia sete di essere vostro, la diffidenza di me stesso e
la mia fiducia illimitata, direi folle, nel vostro Cuore. O bontà infinita,
imitando la cananea del Vangelo (Mt. 15,22-29), mi prosterno ai vostri piedi e
con la sua insistenza, tutta speranza e umiltà, Vi chiedo non qualche briciola,
ma una vera partecipazione a quel banchetto di cui avete detto: «Il mio cibo è
fare la volontà del Padre mio».
Divenuto per grazia membro del vostro Corpo
mistico, io partecipo alla vostra vita e ai vostri meriti, e prego per mezzo
vostro, o Gesù. O Padre santo, io prego per il Sangue divino che grida
misericordia; potrete Voi respingere la mia preghiera? E’ il grido del
mendicante quello che elevo a Voi, o Ricchezza inesauribile: «Esaudiscimi,
perché io sono misero e povero» (Ps. 85, 1). Rivestitemi della vostra forza e
glorificate la vostra potenza nella mia debolezza. La vostra bontà, le vostre
promesse e i vostri meriti, o Gesù, e per contro la mia miseria e la mia
confidenza, sono i soli titoli della mia supplica per ottenere, mediante la mia
unione con Voi, la custodia del cuore e la forza in questo giorno.
Se sopraggiunge un ostacolo, una tentazione, un
sacrificio da imporre ad una qualche mia facoltà, il testo o il pensiero che io
prendo come mazzetto spirituale mi farà respirare il profumo di preghiera che
ha circondato le mie risoluzioni e, nel momento critico, alzerò nuovamente il
grido della supplica efficace. Quest’abitudine, frutto della mia orazione, ne
sarà pure la pietra di paragone: «dai loro frutti li riconoscerete».
Quando sarò giunto a vivere di fede e di sete
abituale di Dio, solo allora il lavoro del Video potrà essere talvolta
soppresso, perché il Sitio e il Volo scaturiranno fin dal
principio dell’orazione, che trascorrerà tutta nel produrre affetti e offerte,
nel confermare la mia risoluta volontà e nel mendicare – direttamente da Gesù o
da Maria Immacolata, dagli Angeli o dai Santi – una unione più intima e più
costante con la divina volontà.
* * *
Il santo Sacrificio mi aspetta: l’orazione mi ci
ha preparato. La mia partecipazione al Calvario, in nome della Chiesa, e la mia
Comunione saranno come una continuazione della mia orazione 11.
Nel ringraziamento estenderò le mie richieste agl’interessi della Chiesa, alle
anime affidatemi, ai defunti, alle mie opere, a parenti, amici, benefattori,
nemici, eccetera.
La recita delle varie ore del mio caro
Breviario, in unione con la Chiesa, per Essa e per me, le frequenti e fervorose
giaculatorie, le comunioni spirituali, l’esame particolare, la visita al SS.mo
Sacramento, la lettura spirituale, il Rosario, l’esame generale eccetera,
verranno a segnare il mio cammino, a ravvivare le mie forze e conservare lo
slancio del mattino, affinché nulla nella mia giornata sfugga all’azione del
Signore. Grazie a questo slancio, il ricorso a Gesù, dapprima frequente e poi
abituale, direttamente o per mezzo di sua Madre, farà cessare le contraddizioni
tra la mia ammirazione per la sua dottrina e la mia vita emancipata, tra la mia
pietà e la mia condotta.
A questo punto debbo trattenere il mio cuore che,
nel suo desiderio di essere veramente utile agli uomini di azione, vorrebbe
dedicare una risoluzione speciale all’esame particolare.
Cedendo a questo pensiero, infatti, temo di
allungare troppo il mio libro. Eppure dalla lettura di san Cassiano, di parecchi
Padri della Chiesa, come pure di sant’Ignazio, di san Francesco di Sales e di
san Vincenzo de’ Paoli, impariamo che l’esame particolare e quello generale
sono corollari necessari della meditazione e si connettono alla custodia del
cuore.
D’accordo col suo direttore, l’anima s’è decisa
a prendere di mira più direttamente, nella meditazione e nel corso della
giornata, quel tal difetto o quella tale virtù, sorgente principale di altri
difetti o virtù.
Numerosi sono i cavalli che tirano il carro e l’occhio
li controlla tutti costantemente. Ma al centro dell’attracco ve n’è uno su cui
si concentra l’attenzione dell’auriga: se difatti quello va troppo a destra o
troppo a sinistra, tutti gli altri si sbandano.
L’analisi dell’anima mediante l’esame particolare,
per constatare se c’è progresso, regresso o stazionarietà su un punto ben
determinato, non è che un elemento della custodia del cuore.
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