Terzo Principio
Come sacerdote, quando consacro l’Eucaristia ed
amministro i Sacramenti, debbo ravvivare la mia convinzione che sono ministro
di Gesù Cristo e perciò alter Christus, e ritenere per certo che dipende
da me il saper trovare, nell’esercizio delle mie funzioni, le grazie speciali
per acquistare le virtù necessarie al mio sacerdozio36.
I vostri fedeli, o Gesù, formano un sol Corpo,
ma in quel Corpo le membra non svolgono tutte la stessa funzione (Rom. 12, 4):
«esistono infatti varietà di doni» (1 Cor. 12, 4).
Avendo Voi voluto lasciare visibilmente alla
Chiesa il vostro Sacrificio, le avete pure affidato un sacerdozio il cui scopo
principale consiste nel continuare la vostra immolazione sull’Altare, nel
distribuire il vostro Sangue mediante i Sacramenti e nel santificare il vostro
Corpo mistico infondendogli la vostra vita divina.
In qualità di sommo Sacerdote, Voi avete
decretato da tutta l’eternità di scegliermi e consacrarmi come vostro ministro,
allo scopo di esercitare il vostro sacerdozio per mezzo mio37.
Mi avete comunicato i vostri poteri per compiere, con la mia cooperazione38
un’opera più grande della creazione dell’universo, cioè il miracolo della
transustanziazione, e mediante questo prodigio, restare l’Ostia e la religione
della vostra Chiesa.
Come comprendo le espressioni entusiastiche
usate dai Santi Padri per celebrare la grandezza della dignità sacerdotale!39
Le loro parole mi costringono logicamente a considerarmi, in virtù della
comunicazione del vostro sacerdozio, come un altro Voi stesso: Sacerdos
alter Christus.
E c’è davvero indentificazione tra Voi e me,
perché la vostra Persona e la mia sono talmente unite, che queste parole:
«Questo è il mio Corpo; questo è il calice del mio Sangue», le fate vostre
nell’istante in cui io le pronuncio40. Io vi presto le mie
labbra, per poter dire senza mentire: «mio Corpo», «mio Sangue»41.
Basta che io voglia consacrare, perché lo
vogliate anche Voi; la vostra volontà è fusa con la mia. Nell’atto più grande
che possiate fare quaggiù, la vostra anima è legata alla mia. Vi presto ciò che
ho di più mio, la mia volontà: e la vostra si fonde subito con la mia.
Voi agite talmente per mezzo mio che, se invece
di dire sulla materia del sacrificio: «Questo è il mio Corpo», osassi dire:
«Questo è il Corpo di Gesù Cristo», la consacrazione sarebbe invalida.
L’Eucaristia siete Voi stesso, o Gesù, sotto le
apparenze del pane. Ed ogni Messa viene a mettere in piena luce ai miei occhi
che il sacerdote siete Voi stesso, o Sacerdote Unico, sotto le apparenze di un
uomo che Voi avete scelto come vostro ministro42.
Alter Christus! Io sono chiamato a rivivere queste parole ogni volta
che amministro gli altri Sacramenti. Voi solo potete dire come Redentore: «Io
ti battezzo; io ti assolvo», esercitando così un potere tanto divino quanto
quello di creare. Ebbene, anch’io pronunzio queste medesime parole e gli Angeli
vi assistono, più riverenti che non al Fiat che fecondò il nulla43,
poiché esse, o meraviglia!, sono capaci di formare Dio in un’anima e produrre
un figlio di Dio che partecipa alla vita intima della divinità.
In ogni funzione sacerdotale mi sembra di
sentirmi dire: «Figlio mio, come potresti pensare che, avendoti fatto alter
Christus per questi divini poteri, io possa tollerare che nella tua
condotta abituale tu sia un senza-Cristo o addirittura un contro-Cristo? Ma
come! Nell’esercizio di queste funzioni tu operi identificandoti con Me, e un
momento dopo Satana verrebbe a prendere il mio posto per fare di te, con il
peccato, una specie di anticristo o ti addormenterebbe sino al punto di farti
volontariamente dimenticare l’obbligo d’imitarmi e di lavorare per ‘rivestirti
di me’, secondo l’espressione del mio Apostolo?
«Absit! Quando la tua fragilità è la sola
causa delle tue quotidiane mancanze, sùbito pentite e riparate, tu puoi contare
sulla mia misericordia. Ma accettare a sangue freddo un partito preso
d’infedeltà e poi tornare senza rimorso alle tue sublimi funzioni, ciò
equivarrebbe certamente a provocare la mia collera!
«Tra le tue funzioni e quelle del sacerdozio
dell’antica Legge c’è un abisso. Eppure, se i miei profeti minacciavano Sion a
causa dei peccati del popolo e dei governanti, ascolta quanto avvenne per la
prevaricazione dei sacerdoti: ‘Il Signore ha scatenato il suo furore, ha sparso
la furia della sua ira, ha gettato il fuoco su Sion, che ne è stata divorata
fino alle fondamenta. (...) E questo è accaduto per le iniquità commesse dai
suoi sacerdoti’ (Lam. Ger., 4, 11-13).
«Per questo, con quanto vigore la mia Chiesa
proibisce al sacerdote di salire l’altare e di conferire i Sacramenti, se gli
rimane sulla coscienza anche un solo peccato mortale! Per mia ispirazione, la
Chiesa va oltre e ti obbliga all’alternativa tra la pietà o l’impostura. Devi
deciderti a vivere di vita interiore; altrimenti, dall’inizio alla fine della Messa,
mi esprimerai ciò che non pensi e mi domanderai ciò che non desideri. Spirito
di compunzione e di purificazione delle minime colpe e perciò custodia del
cuore; spirito di adorazione e perciò di raccoglimento; spirito di fede, di
speranza e di carità, e perciò direzione soprannaturale della condotta
esteriore e delle tue azioni: tutto questo è intimamente legato alle parole
sacre ed alle cerimonie».
Mi rendo conto, o Gesù, che indossare i
paramenti sacri senza essere risoluto a sforzarmi di acquistare le virtù
ch’essi simboleggiano, sarebbe una specie di ipocrisia. D’ora innanzi voglio
che genuflessioni, segni e formule non siano più un vano simulacro che nasconde
il vuoto, la freddezza, l’indifferenza per la vita interiore, aggiungendo alle
mie mancanze quella di una menzognera rappresentazione in faccia all’Eterno.
O Signore, fate che un santo timore
s’impadronisca di me, ogni volta che mi accosto ai vostri tremendi misteri e mi
rivesto dei paramenti liturgici. Fate che le preghiere con cui accompagno
questo atto, le formule del Messale e del Rituale, così piene di unzione e di
forza, mi esortino a scrutare il cuore per vedere se è veramente in armonia col
vostro, o Gesù, desiderando lealmente e efficacemente d’imitarvi con la vita
interiore.
Via i sotterfugi, o anima mia! Essi mi farebbero
credere che basti essere alter Christus soltanto nelle funzioni sacre e
che per il resto, purché non sia un anticristo, possa dispensarmi dal lavorare
per rivestirmi di Gesù.
Dato che sono non solamente ambasciatore di Gesù
Cristo crocifisso, ma anche un altro Lui stesso, come potrei pretendere di
adagiarmi in una pietà comoda ed accontentarmi di virtù civili?
Invano cercherei di persuadermi che il
claustrale sia tenuto più di me a sforzarsi d’imitare Gesù acquistando la vita
interiore. Sarebbe un grave errore basato su di una confusione.
Per tendere alla santità, il religioso si
obbliga a usare certi mezzi, come i voti di obbedienza e di povertà e
l’osservanza della regola. Come sacerdote non sono tenuto a questi mezzi, ma
sono tenuto a perseguire e a realizzare l’identico scopo, e a maggior titolo
dell’anima consacrata alla quale non sia stata affidata la distribuzione del
Sangue divino44.
Me sventurato, dunque, se mi cullassi in una
illusione senza dubbio colpevole, giacché per dissiparla mi basterebbe
ricorrere all’insegnamento della Chiesa e dei suoi Santi; illusione la cui
falsità mi apparirebbe alle porte dell’eternità.
Me sventurato, se non sapessi approfittare delle
mie funzioni per riconoscere le vostre esigenze, o se rimanessi sordo alla voce
che mi fanno udire i sacri oggetti che mi circondano: altare, confessionale,
fonte battesimale, vasi, tessuti ed ornamenti sacri. «Imitamini quod tractatis»45.
«Purificatevi, perché portate i vasi del Signore» (Is. 52, 12). «Offrono a Dio
incenso e pane, pertanto devono essere santi» (Lev. 20, 6).
Sarei ancor meno scusabile se restassi sordo a
questi richiami, o Gesù, perché ognuna delle mie funzioni è occasione di una
grazia attuale che mi offrite per modellare l’anima mia a vostra immagine e
somiglianza.
E’ la Chiesa che richiede questa grazia; è il
suo cuore sollecito di rispondere alla vostra attesa, che ha cura di me come
della pupilla dell’occhio; è essa che, prima della mia ordinazione, mi ha fatto
risaltare le gravi conseguenze della mia identificazione con Voi:
«Imponi, o Signore, al mio capo l’elmo della
salvezza (...) Cingimi col cingolo della purezza (...) affinché mi perdoni
tutti i miei peccati. Fa ch’io aderisca sempre ai tuoi comandi e non permettere
che mi separi mai da Te», eccetera. Non sono più solo a rivolgere queste
richieste in mio favore, ma sono tutti i veri fedeli, tutte le anime fervorose
a Voi consacrate, tutti i membri della gerarchia ecclesiastica, che fanno
propria la mia povera preghiera. E’ il loro grido che si leva verso il vostro
trono; è la voce della vostra Sposa quella che vi giunge. E se i vostri
ministri, essendo risoluti a conseguire la vita interiore, adeguano i loro cuori
alle loro funzioni, queste suppliche rivolte da loro in nome della vostra
Chiesa vengono sempre esaudite da Voi.
Anziché escludermi con la mia negligenza
volontaria dai suffragi che io indirizzo al Padre vostro per la comunità dei
fedeli, in occasione Messa e nell’amministrazione dei Sacramenti, io voglio
approfittare di tali grazie, o Gesù. Ad ogni mio atto sacerdotale aprirò
pienamente il mio cuore alla vostra azione e allora Voi vi infonderete i lumi,
le consolazioni e le energie che, nonostante gli ostacoli, mi permetteranno
d’identificare i miei giudizi, affetti e deliberazioni ai vostri, come il
sacerdozio m’immedesima con Voi, o Sacerdote Eterno, quando per mio mezzo vi
rendete Vittima sull’altare, o Redentore delle anime.
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