Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Dom Jean-Baptiste Gustave Chautard
Anima di ogni Apostolato

IntraText CT - Lettura del testo

  • IV. La custodia del cuore, chiave di volta della vita interiore e perciò essenziale per l’apostolato
    • Risoluzione di custodire il cuore
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

IV. La custodia del cuore, chiave di volta della vita interiore e perciò essenziale per l’apostolato

Risoluzione di custodire il cuore

Io voglio che il mio cuore sia abitualmente sollecito di preservarsi da ogni macchia e di unirsi sempre più al vostro Cuore, o Gesù, in tutte le mie occupazioni, conversazioni, ricreazioni, eccetera.

L’elemento privativo, ma indispensabile, di tale risoluzione mi fa rigettare ogni macchia nell’intenzione e nel compimento dell’azione60.

Questa risoluzione sarà il vero termometro del valore pratico della mia meditazione del mattino e della mia vita liturgica, poiché la mia vita interiore sarà quella che è la custodia del cuore: «Custodisci con ogni cura il tuo cuore, poiché da esso proviene la vita» (Pv. 4, 23).

La meditazione e la vita liturgica mi ridanno lo slancio per unirmi a Dio, ma è la custodia del cuore che permette al viaggiatore di usufruire del nutrimento, preso prima del cammino o nelle soste, per mantenersi sempre nella baldanzosa andatura iniziale.

Questa custodia del cuore altro non è che la sollecitudine abituale, o almeno frequente, di preservare tutti i miei atti, man mano che si presentano, da tutto ciò che potrebbe viziare la loro intenzione o la loro esecuzione. Sollecitudine calma, spontanea, senza sforzo, allo stesso tempo umile e forte, perché basata sul ricorso filiale a Dio e sulla fiducia in tale ricorso.

Si tratta di un lavoro più del cuore e della volontà che non della mente, la quale deve rimanere libera per compiere i miei doveri. Ben lungi dall’intralciare la mia azione, la custodia del cuore la perfeziona, regolandola secondo lo spirito di Dio e adattandola ai miei doveri di stato.

Tale esercizio voglio praticarlo ad ogni ora. Esso consisterà in uno sguardo gettato dal cuore sulle azioni presenti e in un’attenzione moderata alle diverse parti di un’azione, man mano che la compio. Sarà l’osservanza esatta dell’ «age quod agis»61. La mia anima, come vigile sentinella, eserciterà la sua sollecitudine su tutti i movimenti del cuore, su tutto ciò che accade nel mio interno: impressioni, intenzioni, passioni, inclinazioni, insomma su tutti i miei atti interni ed esterni: pensieri, parole e azioni.

Naturalmente questa custodia del cuore esigerà un certo raccoglimento e non la si potrà praticare se la mia anima è dissipata. Ma con la frequenza di questo esercizio acquisterò a poco a poco l’abitudine che lo renderà facile.

«Quo vadam et ad quid?»62 Cosa farebbe Gesù? Come agirebbe al mio posto? Cosa mi consiglierebbe? Cosa mi chiede in questo momento? Queste sono le domande che verranno spontaneamente alla mia anima avida di vita interiore.

Quando mi sentirò portato ad avvicinarmi a Gesù per mezzo di Maria, la custodia del cuore rivestirà allora un carattere maggiormente affettivo. Ricorrere a questa buona Madre diventerà per il mio cuore un incessante bisogno.

Così si realizzerà quel «restate in Me ed Io in voi» (Gv. 15, 4) che riassume tutti i principi della vita interiore. Ciò che voi, o Gesù, esprimete come frutto dell’Eucaristia – «egli rimane in Me ed Io in lui» – la mia anima vuole ottenerlo con quella custodia del cuore che mi unirà a voi.

«Rimane in Me...»: si, io mi considererò come veramente a casa mia nel vostro divino Cuore, col diritto di disporre di tutte le vostre ricchezze usando gl’illimitati tesori della grazia santificante e l’inesauribile miniera delle vostre grazie attuali.

«...ed Io in lui». Per mezzo della mia custodia del cuore, anche Voi, o mio amato Salvatore, sarete veramente presente nell’anima mia. E affinché i miei sforzi tendano ad assicurare l’esercizio continuo della vostra regalità sulle mie facoltà, io veglierò per non compiere nulla al di fuori di voi, ma la mia ambizione giungerà sino a voler mettere in ognuna delle mie azioni una forza d’amore sempre più grande.

Il risultato della mia custodia del cuore sarà l’abitudine all’interiore raccoglimento e alla lotta spirituale, una vita laboriosa e regolata ed un incalcolabile aumento di meriti.

Così, o Gesù, la mia unione indiretta con Voi per mezzo delle mie opere, cioè per mezzo delle relazioni che avrò con le creature secondo la vostra volontà, diverrà la continuazione dell’unione diretta con Voi per mezzo della meditazione, della vita liturgica e dei Sacramenti. In entrambi i casi, questa unione procederà dalla fede e dalla carità e si compirà sotto l’influsso della grazia. Nell’unione diretta ho in mira Voi stesso e Voi solo, o mio Dio; in quella indiretta invece mi applico ad altre cose, ma poiché lo faccio per obbedire a voi, queste cose alle quali dedico la mia attenzione divengono mezzi voluti da Voi per unirmi a Voi: nel lasciarvi, vi ritrovo! Siete sempre Voi quello che io cerco e sempre col medesimo cuore, ma rimanendo nella vostra volontà, la quale è il solo faro che la custodia del cuore mi fa sempre fissare per indirizzare la mia attività al vostro servizio. In entrambi i casi posso dunque esclamare: «Il mio bene è aderire a Dio» (Ps. 62, 28).

E’ pertanto errato credere che, per unirmi a Voi, o mio Dio, io debba rinviare l’azione oppure attendere che sia terminata. E’ errato supporre che certi lavori, per loro natura o a causa del tempo in cui vanno eseguiti, possano dominarmi ed impacciare talmente la mia libertà da impedirmi di unirmi a Voi. No, voi mi volete libero; non volete che l’azione mi domini; volete che io ne sia il padrone e non lo schiavo. A questo scopo, se sono fedele alla custodia del cuore, voi mi offrite la vostra grazia.

Dal momento dunque che il pratico senso soprannaturale, mediante i molteplici avvenimenti, le circostanze e i particolari disposti dalla vostra Provvidenza, mi ha fatto capire che una tale azione è davvero voluta da voi, non devo sottrarmenecompiacermene. Devo incominciarla e continuarla, ma unicamente per fare la vostra volontà, perché altrimenti l’amor proprio ne vizierebbe il valore e ne diminuirebbe il merito63. Una volta capito ciò che voi volete e come lo volete, o Gesù, se poi lo compio perché siete voi che lo volete, la mia unione con voi non solo non diminuirà, ma anzi s’intensificherà.




60 Come ottenere la purezza d’intenzione? Essa si ottiene con una grande vigilanza su di sé, all’inizio e soprattutto nello sviluppo delle nostre azioni.
Perché questa vigilanza è necessaria all’inizio dell’azione? Perché se un’azione è gradevole, utile, conforme alle inclinazioni della natura, essa si lascia condurre dal suo stesso movimento, seguendo la sola attrattiva del piacere e dell’interesse. Ma quanta vigilanza e anche quale dominio su se stessi bisogna avere, per impedire alla volontà di essere fin dall’inizio trascinata dall’influenza dei motivi naturali che la lusingano, la sollecitano e la seducono!
E perché aggiungo che questa vigilanza è necessaria soprattutto nello sviluppo della nostra azione? Perché, anche se all’inizio si ha avuto la forza di rinunciare ad ogni attrazione lusingatrice dei sensi e dell’amor proprio, se, nel proseguire, dimentichiamo di vigilare da vicino, l’attuale godimento del piacere che si prova o dell’interesse che si ha nello sviluppo di certe azioni, nel suscitare sempre nuove impressioni, rammolliscono il cuore a poco a poco, allora la natura, benché mortificata dalle prime rinunce, si risveglia e riprende la sua influenza; ben presto, l’amor proprio insinua sottilmente e quasi inconsciamente le sue esigenze interessate, sostituendole alle buone intenzioni per le quali avevamo deciso e cominciato le nostre azioni; in non si sa bene quali congiunture, si arriva al punto che ciò che era stato cominciato nello spirito, finisce col compiersi nella carne, cioè nelle basse vedute, come dice san Paolo (p. Pierre De Caussade).



61 «Fa’ quello che stai facendo», cioè: applicati con tutto l’impegno all’azione presente.



62 «Dove vado e perché?» Sono parole che Sant’Ignazio rivolgeva spesso a se stesso, e che spesso appaiono nei suoi Esercizi Spirituali.



63 Nel bene si trova nascosto un piacere, un onore, una gloria, un non so che di cui la natura è eccezionalmente avida, e spesso anche più avida del male stesso. L’anima non diffida abbastanza di questo verme roditore, di questo raffinato egoismo che soffoca le grazie attuali. Il Signore, sia per bontà verso di noi che per gelosia della sua gloria, si è dichiarato indifferente a tutti i beni particolari e ha stabilito che una cosa sola gli fa piacere: la sua volontà. Sicché anche un nonnulla, se fatto conformemente alla sua volontà, merita il Cielo, mentre perfino i prodigi compiuti senza di essa rimangono senza ricompensa. In tutte le cose, quindi, non basta proporsi un generico bene, ma quel bene voluto da Dio, cioè la sua volontà (cfr. P. Desurmont, Le retour continuel à Dieu).






Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License