Ottava Verità
La mia vita interiore sarà proporzionata alla
custodia del cuore: «Con ogni cura custodisci il tuo cuore, perché da ciò
procede la vita» (Pv. 4, 23).
La custodia del cuore altro non è che l’abituale
o almeno frequente sollecitudine di preservare tutti i miei atti, man mano che
si presentano, da tutto ciò che potrebbe viziarli nel loro movente o nella loro
esecuzione.
Sollecitudine calma, tranquilla, senza sforzo,
ma anche energica e basata sul ricorso filiale a Dio. Questo è più un lavoro
del cuore e della volontà che non della mente, la quale deve rimanere libera
per compiere i suoi doveri. Lungi dal contrastare l’azione, la custodia del
cuore la rende più perfetta, regolandola secondo lo spirito di Dio e mettendone
a fuoco i doveri di stato.
Tale esercizio lo si può praticare in ogni momento;
è come lo sguardo del cuore sulle azioni presenti ed un’attenzione moderata
sulle diverse parti di un’azione che si sta compiendo. E’ l’osservanza esatta
del motto «Age quod agis» (fai con cura quel che devi fare). Simile a vigile
sentinella, esercita la sua vigilanza su tutti i movimenti del cuore, su tutto
ciò che passa nel suo interno – impressioni, intenzioni, passioni, inclinazioni
– insomma su tutti i suoi atti interni ed esterni, pensieri, parole, azioni.
La custodia del cuore esige un certo
raccoglimento che non può realizzarsi in un’anima dissipata. Soltanto con la
frequenza di questo esercizio se ne acquista l’abitudine.
«Quo vadam ed ad quid?» Dove sto andando e a che
scopo? Cosa farebbe Gesù, come si comporterebbe al mio posto? Cosa mi
consiglierebbe? Cosa mi chiede in questo momento? Tali sono le domande che
vengono spontaneamente in mente all’anima avida di vita interiore.
Per l’anima che va a Gesù mediante Maria, questa
custodia del cuore acquista un carattere ancor più facilmente affettivo e
ricorrere a questa buona Madre diviene un bisogno incessante del suo cuore.
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