Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Dom Jean-Baptiste Gustave Chautard
Anima di ogni Apostolato

IntraText CT - Lettura del testo

  • VII. Obiezione tratta dall’importanza della salvezza delle anime
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

VII. Obiezione tratta dall’importanza della salvezza delle anime

«Ma – dirà l’anima esteriore in cerca di pretesti contro la vita interiore – come si può pretendere di limitare le mie opere di zelo? Posso io impegnarmi troppo, soprattutto quando si tratta di salvare le anime? La mia attività non supplisce forse a tutto il resto, e vantaggiosamente, con il sublime esercizio dell’abnegazione? Chi lavora prega e il sacrificio supera l’orazione. E San Gregorio non definisce forse lo zelo per le anime come il sacrificio più gradito che si possa offrire a Dio? «Nessun sacrificio è più gradito a Dio che lo zelo per le anime»20.

Prima di tutto, precisiamo il vero senso di queste parole di San Gregorio, seguendo la voce del Dottore Angelico.

Offrire spiritualmente a Dio un sacrificio, dice San Tommaso, è offrirgli qualcosa che gli gloria; fra tutti i beni che l’uomo può offrire a Dio, quello più gradito è senza dubbio la salvezza di un’anima. Ma ciascuno deve innanzitutto offrirgli la propria stessa anima, secondo le parole della Scrittura: «Se vuoi piacere a Dio, abbi pietà della tua anima». Una volta compiuto questo primario sacrificio, potremo poi permetterci di procurare ad altri una simile felicità. Quanto più l’uomo unisce strettamente a Dio dapprima l’anima sua e poi quella degli altri, tanto più gradito è il suo sacrificio. Ma questa unione intima, generosa e umile non la si può ottenere che per mezzo dell’orazione. Applicare se stesso e far applicare altri alla vita d’orazione e alla contemplazione, è dunque più gradito al Singore che il dedicarsi o impegnare altri all’azione, alle opere.

Perciò, conclude l’Angelico, quando San Gregorio afferma che il sacrificio più gradito a Dio è la salvezza delle anime, non intende con ciò preferire la vita attiva a quella contemplativa, ma vuol dire soltanto che offrire a Dio anche un’anima sola, Gli infinitamente più gloria, ed è per noi molto più meritorio, che offrirgli quanto c’è di più prezioso sulla terra21.

La necessità della vita interiore deve così poco distogliere le anime generose dalle opere di zelo, se l’evidente volontà di Dio esige da loro di accettarne l’incarico, che volersi sottrarre a tale lavoro o dedicarvisi con negligenza, disertare il campo di battaglia col pretesto di meglio coltivare la propria anima e arrivare ad un’unione più perfetta con Dio, sarebbe una pericolosa illusione e, in certi casi, causa di gravi pericoli. «Guai a me, se non avrò evangelizzato», disse S. Paolo (1 Cor. 9, 16).

Ma, fatta questa riserva, diciamo subito che dedicarsi alla conversione delle anime dimenticando la propria, genera un’illusione ancor più grave. Dio vuole che amiamo il prossimo come noi stessi, ma giammai più di noi stessi, cioè mai fino al punto di nuocere a noi stessi personalmente; in pratica si richiede di aver maggior cura della nostra anima che di quella degli altri, perché il nostro zelo deve essere regolato dalla carità e l’assioma teologico insegna che «la prima carità è quella verso se stessi».

«Io amo Gesù Cristodiceva Sant’Alfonso de’Liguori – e perciò ardo dal desiderio di dargli delle anime: ma prima la mia e poi un incalcolabile numero di altre». Ciò significa tradurre in pratica il «tuus esto ubique» di S. Bernardo: «Non è saggio colui che non è padrone di sé»22.

Il santo abate di Chiaravalle, che fu un prodigio di zelo apostolico, seguiva questa regola. Goffredo, suo segretario, così ce lo dipinge: «Innanzitutto egli è tutto di se stesso, quindi è tutto per gli altri»23.

Così scriveva il medesimo santo al Papa Eugenio III: io non voglio che vi sottraiate completamente dalle occupazioni secolari, ma vi esorto soltanto a non dedicarvici interamente. Se siete l’uomo di tutto il mondo, siatelo anche di voi stesso. Se no, che vi gioverebbe guadagnare tutti gli altri se poi perdeste voi stesso? Riservate dunque qualcosa per voi; se tutto il mondo viene a bere alla vostra fonte, beveteci anche voi. Voi solo dunque rimarreste assetato? Cominciate sempre col pensare a voi stesso. Invano vi dareste ad altre sollecitudini, se finiste col trascurare voi stesso. Tutte le vostre riflessioni comincino e finiscano con voi, dunque. Siate per voi il primo e l’ultimo, ricordando che, nell’affare della vostra salute, nessuno v’è più prossimo del figlio unico di vostra madre24.

E’ molto suggestivo questo appunto di ritiro spirituale lasciato da monsignor Dupanloup:

«Io ho un’attività terribile che rovina la mia salute, turba la mia pietà e non serve affatto al mio sapere: bisogna che la regoli. Dio mi ha fatta la grazia di conoscere che ciò che si oppone soprattutto in me allo stabilimento di una vita interiore tranquilla e fruttuosa, sono l’attività naturale e il potere trascinatore delle occupazioni. Inoltre, ho scoperto che proprio questa mancanza di vita interiore è la sorgente delle mie colpe, dei miei turbamenti, delle mie aridità, dei miei disgusti e della mia cattiva salute. Ho dunque deciso di rivolgere tutti i miei sforzi all’acquisto di questa vita interiore che mi manca e per questo, con la grazia di Dio, ho fissato i seguenti punti fermi:

1) Qualunque cosa debba fare,  per compierla mi prenderò più tempo di quel che sia necessario; questo è l’unico mezzo per non essere mai premuto dalla frettatrascinato.

2) Siccome ho sempre più cose da fare che tempo per farle, e siccome questa prospettiva mi preoccupa e mi travolge, d’ora innanzi non considererò più le cose che debbo fare bensì il tempo che ho da impiegarvici. Lo impiegherò senza perderne nulla, cominciando dalle cose più importanti e non mi inquieterò per tutto ciò che rimarrà da fare, ecc.».

Un abile gioielliere preferisce il minimo frammento di diamante a parecchi zaffiri. Così, secondo l’ordine stabilito da Dio, la nostra intimità con Lui lo glorifica più di tutto quanto potremmo procurare a beneficio di molte anime, ma a danno del nostro progresso spirituale. Quest’armonia nel nostro zelo la vuole il Padre celeste, il quale si applica più nel governare un cuore in cui regna, che non nel governo naturale di tutto l’universo e nel governo civile di tutti gl’imperi25.

Se vede che un’opera diventa un ostacolo allo sviluppo della carità nell’anima che se ne occupa, talvolta Egli preferisce lasciarla scomparire.

Satana, al contrario, non esita a favorire successi del tutto superficiali se, in cambio di essi, può impedire che l’apostolo progredisca nella vita interiore, tanto la sua rabbia sa indovinare quali sono i veri tesori agli occhi di Gesù Cristo. Purché si distrugga un diamante, concede volentieri qualche zaffiro.




20 S. Gregorio Magno, Homiliae XII in Ezechielem; trad. it. Omelie su Ezechiele,
Città Nuova, Roma 1993.



21 S. Tommaso d’Aquino, Summa theologica, II-IIae, q. 182, a. 2.



22 S. Bernardo, De consideratione, l. II, cap. III (trad. it. La considerazione,
Città Nuova, Roma 1980).



23 Goffredo di Auxerre, Vita sancti Bernardi.



24 S. Bernardo, De consideratione, l. II, cap. III.



25 P. Lallemant S.J., La dottrina spirituale, Ed. Paoline, Roma 1990.






Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License