II. L’azione deve essere soltanto il traboccamento della vita
interiore
«Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro
che è nei cieli» (Mt. 5, 48). Fatte le debite proporzioni, il modo di agire
divino dev’essere il criterio, la Regola della nostra vita interiore ed
esterna. Già sappiamo che è proprio della natura divina il donare, ed è un
fatto sperimentato ch’Egli versa a profusione i suoi benefici su tutti gli
esseri, ma in particolare modo sulla creatura umana. Così – da migliaia, se non
da milioni, di secoli – l’universo intero è oggetto di questa inesauribile
prodigalità che spande i suoi benefici senza sosta. Eppure Dio non si
impoverisce mai e la sua inesauribile munificenza non può, in nessun modo,
diminuire le sue infinite ricchezze.
Dio non si contenta di concedere all’uomo beni
esteriori; gli manda il suo Verbo. Eppure, nemmeno in questo atto di suprema
generosità, che non è altro che il dono di sé, Dio abbandona né può abbandonare
qualcosa dell’integrità della sua natura. Pur donandoci suo Figlio, lo conserva
sempre in se stesso. «Prendi esempio dal sommo Creatore dell’universo, il quale
manda il suo Verbo ma, contemporaneamente, lo mantiene con sé»4.
Per mezzo dei Sacramenti e particolarmente per
mezzo dell’Eucaristia, Gesù Cristo ci arricchisce con le sue grazie; ce le
versa senza misura, perché anch’Egli è un oceano sconfinato la cui sovrabbondanza
si riversa su noi senza mai esaurirsi: «Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo
ricevuto» (Gv. 1, 16).
Così, in un certo modo, noi dobbiamo essere
uomini apostolici che ci assumiamo il nobile còmpito della santificazione
altrui: «Il tuo Verbo è la tua considerazione: pur procedendo da Te, tuttavia
non te ne separi»5 ; il nostro verbo è lo spirito interiore
che la grazia ha formato nelle nostre anime. Vivifichi dunque questo spirito le
manifestazioni del nostro zelo, ma mentre lo spendiamo continuamente a
vantaggio del prossimo, rinnoviamolo pure continuamente con i mezzi che Gesù ci
offre. La nostra vita interiore sia come un tronco pieno di densa linfa che
fiorisca nelle nostre opere.
Un’anima di apostolo! Essa dev’essere per prima
inondata di luce e infiammata di amore, affinché, riflettendo questa luce e
questo calore, possa poi illuminare e riscaldare le altre anime. «Essi
annunzieranno agli uomini quel che hanno veduto con i loro occhi, quel che
hanno contemplato e che le loro mani hanno toccato» (1 Gv. 1, 1). Come dice S.
Gregorio, la loro bocca verserà nei cuori l’abbondanza delle dolcezze celesti.
Possiamo intanto stabilire questo principio: la
vita attiva deve procedere dalla vita contemplativa, tradurla e continuarla al
di fuori, staccandosene il meno possibile.
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