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Dom Jean-Baptiste Gustave Chautard
Anima di ogni Apostolato

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  • La vita interiore è condizione della fecondità delle opere
    • 2. La vita interiore rende l’apostolo un santificatore mediante il buon esempio
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2. La vita interiore rende l’apostolo un santificatore mediante il buon esempio

Nel discorso sulla montagna, il Maestro chiama i suoi Apostoli «sale della terra» e «luce del mondo» (Mt. 5, 3).

Sale della terra, possiamo esserlo nella misura in cui siamo santi. A che mai potrebbe ancora servire il sale insipido? «Cosa mai potrà essere purificato da ciò ch’è impuro?» (Eccl. 35, 4). Esso vale solo per essere buttato sulla strada e calpestato.

L’apostolo pio invece, vero sale della terra, sarà un autentico agente di conservazione in mezzo a questo mare di corruzione ch’è la società umana. Qual faro splendente nella notte, lux mundi, lo splendore del suo esempio, più che quello della sua parola, dissiperà le tenebre addensate dallo spirito del mondo e farà risplendere l’ideale della vera felicità, tracciato da Gesù nelle otto Beatitudini.

Il fattore maggiormente capace di condurre i fedeli ad una vita cristiana, è precisamente la virtù di colui che ha la missione d’insegnarla. Per contro, le sue debolezze allontanano da Dio in un modo quasi irresitibile: «Per colpa vostra, il nome di Dio viene bestemmiato fra i popoli» (Rom. 2, 24). Per questo l’apostolo, più che le belle parole sulle labbra, deve aver la fiaccola del buon esempio in mano e praticare lui per primo, in modo eccellente, le virtù che predica. Colui che ha la missione di dire grandi cose è tenuto a farne di simili, dice san Gregorio Magno3.

Fu giustamente notato che il medico del corpo può guarire i suoi malati senza godere di buona salute. Ma per guarire le anime bisogna avere la propria anima ben sana, perché in questo caso si dà qualcosa di sé stessi.

Gli uomini hanno il diritto di essere esigenti verso chiunque pretenda d’insegnare a loro a riformarsi. Essi sanno rapidamente discernere se la condotta è coerente con la predica, o se la morale di cui ci si ammanta non è che una maschera ingannevole. In base al risultato di questo confronto, essi accordano o rifiutano la fiducia.

Che potenza avrà il sacerdote nel parlare della preghiera, se il popolo lo vedrà spesso a colloquio con l’Ospite troppo spesso abbandonato nel Tabernacolo! Come sarà ascoltata la sua parola se, predicando il lavoro e la penitenza, si dimostra laborioso e mortificato! Apologeta della carità fraterna, troverà dei cuori attenti se, cercando di diffondere nel gregge il buon odore di Cristo, rispecchierà nella sua condotta la dolcezza e l’umiltà del divino Modello: «Vero modello del gregge» (1 Pt. 5, 3).

Il professore che non ha vita interiore, crede aver fatto il suo dovere mantenendosi esclusivamente sul terreno di un programma d’esame. Ma se avesse vita interiore, una frase sfuggita dal suo labbro o dal suo cuore, una emozione manifestata sul volto, un gesto espressivo, anzi il suo stesso modo di fare il segno di croce, di dire una preghiera prima o dopo la lezione, fosse anche una lezione di matematica, potrebbe avere sugli scolari maggior influenza di una predica.

La suora dell’ospedale e dell’orfanotrofio ha nelle mani un potere e dei mezzi efficaci per far nascere nelle anime, pur mantenendosi prudentemente nel proprio campo, un amore profondo per Gesù Cristo e per i suoi insegnamenti. Se invece manca di vita interiore, non sospetterà neppure l’esistenza di quel potere o non riuscirà a promuovere altro che atti di pietà puramente esteriori e nulla di più.

Il Cristianesimo non si è diffuso tanto in virtù di frequenti e lunghe discussioni, quanto con lo spettacolo dei costumi cristiani così opposti all’egoismo, all’ingiustizia e alla corruzione dei pagani. Nel suo famoso libro Fabiola4, il cardinale Wiseman mette bene in rilievo quale potente efficacia aveva l’esempio dei primi cristiani sull’animo dei pagani, anche di quelli più prevenuti contro la nuova religione. In questo libro noi assistiamo al cammino progressivo e quasi irresistibile di un’anima verso la luce. I nobili sentimenti, le virtù modeste o eroiche che la figlia di Fabio nota in certe persone di tutte le condizioni e di tutte le classi sociali, attirano la sua ammirazione. Ma quale cambiamento si operò in lei, quale rivelazione fu per la sua anima, quando scoprì che tutti coloro di cui ammirava la carità, l’abnegazione, la modestia, la dolcezza, la moderazione, il culto della giustizia e della castità, appartenevano a quella setta che sempre le era stata descritta come esecrabile! Da quel momento ella divenne cristiana.

Dopo la lettura di questo libro si è costretti ad esclamare: Ah!, se i cattolici, se i loro uomini di azione avessero almeno un poco di quello splendore di vita cristiana descritta dall’illustre cardinale, e che altro non è se non la pratica del Vangelo! Come sarebbe allora irresistibile il loro apostolato verso questi pagani moderni, troppo spesso prevenuti contro il cattolicesimo dalle calunnie dei settari, dal carattere acerbo delle nostre polemiche o da un modo di rivendicare i propri diritti che sembra provenire più dall’orgoglio ferito che non dal desiderio di difendere gli interessi di Dio!

Com’è potente l’irradiazione esterna di un’anima unita a Dio! Nel vedere il padre Passerat che celebrava la Santa Messa, il giovane Desurmont si decise ad entrare nella Congregazione Redentorista, della quale doveva poi diventare nobile decoro.

Il popolo ha di queste intuizioni che non possono ingannarsi: se predica un uomo di Dio, corre in massa; ma se la condotta di un uomo di azione non corrisponde più a quanto ci si aspetta da lui, l’opera sua, per quanto abilmente condotta, è compromessa e va forse verso una irreparabile rovina.

«Vedano le vostre buone opere e ne glorifichino il Padre» (Mt. 5, 16), diceva Nostro Signore. San Paolo raccomanda spesso il buon esempio ai suoi due discepoli Tito e Timoteo: «In ogni cosa mostrati modello di buone opere» (Tit. 2, 7). «Sii modello dei fedeli nella parola, nella condotta, nella fede e nella castità» (1 Tim. 4, 12). Egli stesso esclama: «Quello che avete veduto in me, mettetelo in pratica» (Fil. 4, 9). «Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (1 Cor. 11, 1). Il suo linguaggio di verità si basa su quella sicurezza e quello zelo che sono ben lungi dall’escludere l’umiltà e che facevano già esclamare Gesù Cristo: «Chi mai potrà rinfacciarmi un qualche peccato?» (Gv. 8, 46).

Solo a questa condizione, cioè alla sequela di Colui del quale è scritto «Incominciò ad operare e ad insegnare» (At. 1, 1), l’apostolo diventerà «un operaio che non ha di che vergognarsi» (2 Tim. 2, 15).

«Soprattutto, figli carissimi – diceva Leone XIII – ricordate che la purezza e santità di vita è la condizione indispensabile del vero zelo e la miglior garanzia del successo»5.

Un uomo santo, perfetto e virtuoso, diceva santa Teresa, fa realmente maggior bene alle anime che numerosi altri i quali sono soltanto istruiti e più dotati.

«Se l’animo non è temperato, sarà difficile promuovere negli altri il bene», dichiara san Pio X, ed aggiunge: «Quanti si dedicano a promuovere il movimento cattolico, devono (...) essere di vita così intemerata, da essere per tutti di esempio efficace»6.




3 «Colui dal quale per necessità del suo ruolo si esige di udire cose eccelse, è costretto da questa necessità anche a mostrare cose eccelse» (San Gregorio Magno, Regula pastoralis, p. II, c. III; trad. it. Regola pastorale, Città Nuova, Roma 1981).



4 N. Wiseman, Fabiola (ovvero: La Chiesa delle catacombe),  prima edizione Londra 1855, trad. ital. Edizioni Paoline, Roma 1980.



5 Leone XIII, Depuis le jour, Enciclica dell’8 settembre 1899 ai vescovi francesi; cfr. Leonis XIII Acta, vol. XIX, pp. 157-190.



6 San Pio X, Enciclica Il fermo proposito, cit, n. 8.






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