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Dom Jean-Baptiste Gustave Chautard
Anima di ogni Apostolato

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  • III. La vita liturgica, sorgente di vita interiore e perciò di apostolato
    • 3. Spirito liturgico
      • Terzo Principio
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Terzo Principio

Come sacerdote, quando consacro l’Eucaristia ed amministro i Sacramenti, debbo ravvivare la mia convinzione che sono ministro di Gesù Cristo e perciò alter Christus, e ritenere per certo che dipende da me il saper trovare, nell’esercizio delle mie funzioni, le grazie speciali per acquistare le virtù necessarie al mio sacerdozio36.

I vostri fedeli, o Gesù, formano un sol Corpo, ma in quel Corpo le membra non svolgono tutte la stessa funzione (Rom. 12, 4): «esistono infatti varietà di doni» (1 Cor. 12, 4).

Avendo Voi voluto lasciare visibilmente alla Chiesa il vostro Sacrificio, le avete pure affidato un sacerdozio il cui scopo principale consiste nel continuare la vostra immolazione sull’Altare, nel distribuire il vostro Sangue mediante i Sacramenti e nel santificare il vostro Corpo mistico infondendogli la vostra vita divina.

In qualità di sommo Sacerdote, Voi avete decretato da tutta l’eternità di scegliermi e consacrarmi come vostro ministro, allo scopo di esercitare il vostro sacerdozio per mezzo mio37. Mi avete comunicato i vostri poteri per compiere, con la mia cooperazione38 un’opera più grande della creazione dell’universo, cioè il miracolo della transustanziazione, e mediante questo prodigio, restare l’Ostia e la religione della vostra Chiesa.

Come comprendo le espressioni entusiastiche usate dai Santi Padri per celebrare la grandezza della dignità sacerdotale!39 Le loro parole mi costringono logicamente a considerarmi, in virtù della comunicazione del vostro sacerdozio, come un altro Voi stesso: Sacerdos alter Christus.

E c’è davvero indentificazione tra Voi e me, perché la vostra Persona e la mia sono talmente unite, che queste parole: «Questo è il mio Corpo; questo è il calice del mio Sangue», le fate vostre nell’istante in cui io le pronuncio40. Io vi presto le mie labbra, per poter dire senza mentire: «mio Corpo», «mio Sangue»41.

Basta che io voglia consacrare, perché lo vogliate anche Voi; la vostra volontà è fusa con la mia. Nell’atto più grande che possiate fare quaggiù, la vostra anima è legata alla mia. Vi presto ciò che ho di più mio, la mia volontà: e la vostra si fonde subito con la mia.

Voi agite talmente per mezzo mio che, se invece di dire sulla materia del sacrificio: «Questo è il mio Corpo», osassi dire: «Questo è il Corpo di Gesù Cristo», la consacrazione sarebbe invalida.

L’Eucaristia siete Voi stesso, o Gesù, sotto le apparenze del pane. Ed ogni Messa viene a mettere in piena luce ai miei occhi che il sacerdote siete Voi stesso, o Sacerdote Unico, sotto le apparenze di un uomo che Voi avete scelto come vostro ministro42.

Alter Christus! Io sono chiamato a rivivere queste parole ogni volta che amministro gli altri Sacramenti. Voi solo potete dire come Redentore: «Io ti battezzo; io ti assolvo», esercitando così un potere tanto divino quanto quello di creare. Ebbene, anch’io pronunzio queste medesime parole e gli Angeli vi assistono, più riverenti che non al Fiat che fecondò il nulla43, poiché esse, o meraviglia!, sono capaci di formare Dio in un’anima e produrre un figlio di Dio che partecipa alla vita intima della divinità.

In ogni funzione sacerdotale mi sembra di sentirmi dire: «Figlio mio, come potresti pensare che, avendoti fatto alter Christus per questi divini poteri, io possa tollerare che nella tua condotta abituale tu sia un senza-Cristo o addirittura un contro-Cristo? Ma come! Nell’esercizio di queste funzioni tu operi identificandoti con Me, e un momento dopo Satana verrebbe a prendere il mio posto per fare di te, con il peccato, una specie di anticristo o ti addormenterebbe sino al punto di farti volontariamente dimenticare l’obbligo d’imitarmi e di lavorare per ‘rivestirti di me’, secondo l’espressione del mio Apostolo?

«Absit! Quando la tua fragilità è la sola causa delle tue quotidiane mancanze, sùbito pentite e riparate, tu puoi contare sulla mia misericordia. Ma accettare a sangue freddo un partito preso d’infedeltà e poi tornare senza rimorso alle tue sublimi funzioni, ciò equivarrebbe certamente a provocare la mia collera!

«Tra le tue funzioni e quelle del sacerdozio dell’antica Legge c’è un abisso. Eppure, se i miei profeti minacciavano Sion a causa dei peccati del popolo e dei governanti, ascolta quanto avvenne per la prevaricazione dei sacerdoti: ‘Il Signore ha scatenato il suo furore, ha sparso la furia della sua ira, ha gettato il fuoco su Sion, che ne è stata divorata fino alle fondamenta. (...) E questo è accaduto per le iniquità commesse dai suoi sacerdoti’ (Lam. Ger., 4, 11-13).

«Per questo, con quanto vigore la mia Chiesa proibisce al sacerdote di salire l’altare e di conferire i Sacramenti, se gli rimane sulla coscienza anche un solo peccato mortale! Per mia ispirazione, la Chiesa va oltre e ti obbliga all’alternativa tra la pietà o l’impostura. Devi deciderti a vivere di vita interiore; altrimenti, dall’inizio alla fine della Messa, mi esprimerai ciò che non pensi e mi domanderai ciò che non desideri. Spirito di compunzione e di purificazione delle minime colpe e perciò custodia del cuore; spirito di adorazione e perciò di raccoglimento; spirito di fede, di speranza e di carità, e perciò direzione soprannaturale della condotta esteriore e delle tue azioni: tutto questo è intimamente legato alle parole sacre ed alle cerimonie».

Mi rendo conto, o Gesù, che indossare i paramenti sacri senza essere risoluto a sforzarmi di acquistare le virtù ch’essi simboleggiano, sarebbe una specie di ipocrisia. D’ora innanzi voglio che genuflessioni, segni e formule non siano più un vano simulacro che nasconde il vuoto, la freddezza, l’indifferenza per la vita interiore, aggiungendo alle mie mancanze quella di una menzognera rappresentazione in faccia all’Eterno.

O Signore, fate che un santo timore s’impadronisca di me, ogni volta che mi accosto ai vostri tremendi misteri e mi rivesto dei paramenti liturgici. Fate che le preghiere con cui accompagno questo atto, le formule del Messale e del Rituale, così piene di unzione e di forza, mi esortino a scrutare il cuore per vedere se è veramente in armonia col vostro, o Gesù, desiderando lealmente e efficacemente d’imitarvi con la vita interiore.

Via i sotterfugi, o anima mia! Essi mi farebbero credere che basti essere alter Christus soltanto nelle funzioni sacre e che per il resto, purché non sia un anticristo, possa dispensarmi dal lavorare per rivestirmi di Gesù.

Dato che sono non solamente ambasciatore di Gesù Cristo crocifisso, ma anche un altro Lui stesso, come potrei pretendere di adagiarmi in una pietà comoda ed accontentarmi di virtù civili?

Invano cercherei di persuadermi che il claustrale sia tenuto più di me a sforzarsi d’imitare Gesù acquistando la vita interiore. Sarebbe un grave errore basato su di una confusione.

Per tendere alla santità, il religioso si obbliga a usare certi mezzi, come i voti di obbedienza e di povertà e l’osservanza della regola. Come sacerdote non sono tenuto a questi mezzi, ma sono tenuto a perseguire e a realizzare l’identico scopo, e a maggior titolo dell’anima consacrata alla quale non sia stata affidata la distribuzione del Sangue divino44.

Me sventurato, dunque, se mi cullassi in una illusione senza dubbio colpevole, giacché per dissiparla mi basterebbe ricorrere all’insegnamento della Chiesa e dei suoi Santi; illusione la cui falsità mi apparirebbe alle porte dell’eternità.

Me sventurato, se non sapessi approfittare delle mie funzioni per riconoscere le vostre esigenze, o se rimanessi sordo alla voce che mi fanno udire i sacri oggetti che mi circondano: altare, confessionale, fonte battesimale, vasi, tessuti ed ornamenti sacri. «Imitamini quod tractatis»45. «Purificatevi, perché portate i vasi del Signore» (Is. 52, 12). «Offrono a Dio incenso e pane, pertanto devono essere santi» (Lev. 20, 6).

Sarei ancor meno scusabile se restassi sordo a questi richiami, o Gesù, perché ognuna delle mie funzioni è occasione di una grazia attuale che mi offrite per modellare l’anima mia a vostra immagine e somiglianza.

E’ la Chiesa che richiede questa grazia; è il suo cuore sollecito di rispondere alla vostra attesa, che ha cura di me come della pupilla dell’occhio; è essa che, prima della mia ordinazione, mi ha fatto risaltare le gravi conseguenze della mia identificazione con Voi:

«Imponi, o Signore, al mio capo l’elmo della salvezza (...) Cingimi col cingolo della purezza (...) affinché mi perdoni tutti i miei peccati. Fa ch’io aderisca sempre ai tuoi comandi e non permettere che mi separi mai da Te», eccetera. Non sono più solo a rivolgere queste richieste in mio favore, ma sono tutti i veri fedeli, tutte le anime fervorose a Voi consacrate, tutti i membri della gerarchia ecclesiastica, che fanno propria la mia povera preghiera. E’ il loro grido che si leva verso il vostro trono; è la voce della vostra Sposa quella che vi giunge. E se i vostri ministri, essendo risoluti a conseguire la vita interiore, adeguano i loro cuori alle loro funzioni, queste suppliche rivolte da loro in nome della vostra Chiesa vengono sempre esaudite da Voi.

Anziché escludermi con la mia negligenza volontaria dai suffragi che io indirizzo al Padre vostro per la comunità dei fedeli, in occasione Messa e nell’amministrazione dei Sacramenti, io voglio approfittare di tali grazie, o Gesù. Ad ogni mio atto sacerdotale aprirò pienamente il mio cuore alla vostra azione e allora Voi vi infonderete i lumi, le consolazioni e le energie che, nonostante gli ostacoli, mi permetteranno d’identificare i miei giudizi, affetti e deliberazioni ai vostri, come il sacerdozio m’immedesima con Voi, o Sacerdote Eterno, quando per mio mezzo vi rendete Vittima sull’altare, o Redentore delle anime.

* * *




36 Ciò che diciamo del sacerdote vale anche, fatte le debite proporzioni, per il diacono ed il suddiacono.



37 «Egli è il principale Sacerdote, colui che offre in tutto e per tutti i sacerdoti del Nuovo Testamento. Proprio in qualità di Sacerdote in eterno, infatti, Egli stabilì gli Apostoli sacerdoti, affinché per mezzo di loro fosse il suo Sacerdozio ad essere perpetuato » (Card. Juan De Lugo, De Eucharistia, disp. XIX, sect. VI, 86; in: Disputationes scholasticae et morales, p. IV, Vives, Paris 1869).



38 «Siamo infatti cooperatori di Dio» (1 Cor. 3, 9).



39 I Santi Padri sembrano quasi esaurire la loro eloquenza nel parlare della dignità sacerdotale. Il loro pensiero può venir riassunto in queste parole: una tale dignità sorpassa tutto il creato; solo Dio è più grande. - «La sublimità del sacerdozio non può essere adeguato a nessun paragone» (S. Ambrogio, Liber de dignitate sacerdotii, cap. II). - «Colui che definisce un sacerdote, davvero descrive in qualche modo un uomo divino» (S. Dionigi Areopagita). - «Siete preposti ai re ed agli imperatori, il vostro ordine è preferito a tutti gli altri, anzi, per dire di più, siete preferiti ad Angeli, Arcangeli, Troni e Dominazioni» (S. Bonaventura, Sermo ad Pastores in Synodo in: Id, Sermoni domenicali, Città Nuova, Roma 1992). - «E’ chiaro che nessuna funzione può compiersi più insigne della loro, e che a ragione sono chiamati non solo angeli ma perfino dèi; essi infatti rappresentano fra noi la forza e l’azione dell’invisibile Dio» (Catechismo Romano, promulgato da papa san Pio V, Cantagalli, Siena 1981, De Ordine, p. II cap. VI).



40 «Tutte le altre cose che si dicono riguardo ai superiori, vanno dette anche riguardo ai sacerdoti (...) Quando viene per compiere il venerabile Sacramento, il sacerdote non pronuncia più parole proprie ma pronuncia quelle di Cristo. Perciò è la parola di Cristo a compiere questo Sacramento. Cos’è la parola di Cristo? Appunto ciò mediante il quale tutto è stato fatto» (S. Ambrogio, De Sacramentis, lib. IV, cap. 4, n. 14 e ss.; trad. it. I Sacramenti, Città Nuova, Roma 1982). «Come il sacerdote è assimilato da Cristo per esserne rappresentato, così pure Cristo parla per bocca del sacerdote; non è quindi conveniente che il sacerdote mantenga la propria persona in quelle parole» (Card. De Lugo, De Eucharistia, cit., disp. XI, sect. V, n. 103).



41 «E’ Lui stesso (Cristo) che sacrifica e immola. (...) Anche se vedi il sacerdote fare l’oblazione, ricordati che non è lui bensì Cristo che stende una visibile mano. (...) Il sacerdote non fa che prestargli la lingua» (S. Giovanni Crisostomo, Expositio in Johannis Evangelium, Homilia LXXXVI, n. 4).



42 «Nihil aliud sacrifex est, quam Christi simulacrum» (Petrus Blesens., Tractatus rythmicus de Eucharistia, cap. VII).



43 «Rendere giusto un empio è opera maggiore che creare il Cielo e la terra» (S. Agostino).



44 «Voi siete la luce del mondo, il sale della terra. Ma se il sale diventa scipito, con cosa si potrà salare?» (Mt. 5, 13). – «Siate esempio ai fedeli nella parola, nella conversazione, nella carità, nella fede, nella castità» (1 Tim. 5, 12). - «In ogni cosa divina, chi potrà osare farsi guida degli altri, se non colui che in tutto il suo comportamento è diventato a perfetta immagine e somiglianza di Dio?» (S. Dionigi, De Ecclesiastica hierarchia). – «Il sacerdote deve avere vita immacolata, affinché tutti possano vedere in lui un esempio eccellente» (S. Giovanni Crisostomo, Homilia X in Timotheum; trad. it. Commento alla I lettera a Timoteo, Città Nuova, Roma 1995). - «Non c’è nulla nel sacerdote che sia in comune con la folla. La vita sacerdotale deve eccellere, come eccelle la grazia sulla natura» (S. Ambrogio, Epistula LXXXII).- «I sacerdoti, se non sono più virtuosi di tutti, sono la favola di tutti» (S. Bernardo, De consideratione, lib. IV, c. 6). - «Poiché coloro che ricevono un ordine sono costituiti dal loro grado aldisopra del popolo, devono essergli superiori per merito di santità» (S. Tommaso, Summa theologica, suppl., q. 35). - «I chierici chiamati come parte del Signore, devono santificare la loro vita e il loro comportamento, affinché nel loro abito, gesto, portamento, parola e in tutte le cose, non ci sia nulla che non sia grave, regolato e pieno di sacralità» (Concilii Tridentini Acta, sess. 22, c. 1, de Reformatione). - «E’ evidente che chi è ordinato sacerdote deve eccellere quanto a preminenza di dignità: per mezzo del sacro Ordine infatti si viene deputati ad esercitare una degnissima funzione, per la quale si richiede una santità interiore che sia maggiore perfino di quella richiesta dallo stato religioso» (S. Tommaso, Summa theologica, II-IIae, q. 184, a. 8). «A malapena il buon monaco può essere un buon sacerdote» (S. Agostino, Ad Val.). - «Non conoscano mai nessuna misura nella loro ascesa e deificazione» (S. Gregorio di Nazianzo). - «Debbono cercare di essere simili a Dio in santità, affinché coloro che vedano il ministro dell’altare vedano in lui il Signore» (S. Ambrogio, De officiis, c. 5; trad. it. I doveri, Città Nuova, Roma 1977).



45 Pontificale Romano.






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