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Dom Jean-Baptiste Gustave Chautard Anima di ogni Apostolato IntraText CT - Lettura del testo |
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5. Condizioni della custodia del cuore La trama della mia vita è quasi tutta più o meno macchiata. E’ proprio da questa convinzione, dalla quale Satana cerca distrarmi, che nasce la diffidenza verso me stesso e verso le creature. Questo fattore, innestato sul mio desiderio di appartenere a Gesù, produrrà necessariamente: – vigilanza sincera, esatta, dolce, calma, fiduciosa nella grazia e basata sulla repressione della dissipazione e degli eccessi della premura naturale; – rinnovamento frequente delle mie riflessioni; – ricominciamenti continui, pieni di fiducia nella misericordia di Gesù verso l’anima che lotta veramente per arrivare alla custodia del cuore; – certezza crescente di non combattere da solo ma unito a Gesù che vive in me, a Maria mia Madre, al mio Angelo custode e ai Santi; – convinzione che questi potenti alleati mi assistono in ogni istante purché io mantenga questa custodia del cuore e non mi allontani dalla loro assistenza; – ricorso cordiale e frequente a tutti questi divini soccorritori, affinché mi aiutino a fare «ciò che Dio vuole» e a farlo «nel modo che vuole» e «perché lo vuole». Oh, come si trasformerà la mia vita, o Gesù, se io conserverò il mio cuore unito a Voi! La mia intelligenza potrà essere interamente applicata all’azione in corso; ma voglio giungere ad effettuare in me, anche nelle occupazioni più assorbenti, ciò che ho potuto constatare in anime estremamente occupate il cui cuore tuttavia non cessava di respirare in Voi. Se ho ben compreso cosa sia la custodia del cuore, il respiro dell’anima mia nell’atmosfera di amore che siete Voi, o Gesù, ben lungi dal diminuire la libertà d’azione necessaria alle mie facoltà per compiere i doveri del mio stato, non farà anzi che aumentarla, rendendo la mia vita serena, illuminata, forte e feconda. Invece di essere lo schiavo del mio orgoglio, del mio egoismo o della mia pigrizia, invece di gemere sotto la schiavitù delle passioni e delle impressioni, io diventerò sempre più libero. E di questa mia perfezionata libertà potrò farvi, o mio Dio, frequenti omaggi di sottomissione. Così mi stabilirò nella vera umiltà, fondamento senza il quale la vita interiore non sarebbe che inganno; così svilupperò in me quello spirito fondamentale della sottomissione – «submissio ad Deum» – che riassume tutta la vita intima del Salvatore64. Col partecipare alla fiamma d’amore che vi rese, o Gesù, sempre così attento e docile alla volontà del Padre vostro, io meriterò di partecipare in Cielo a quella gloria di cui gioisce la vostra umanità in ricompensa della sua ammirabile dipendenza di umiltà e d’amore: «Cristo si fece obbediente fino alla morte (...), perciò Dio lo ha esaltato» (Fil. 2, 9).
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64 Questo è praticamente ciò che Bossuet chiama «momento di solitudine affettiva», che bisogna ad ogni costo procurarsi nel corso della giornata. E’ quello che san Francesco di Sales consigliava con insistenza sotto il nome di «ritiro spirituale»: «In questo esercizio di ritiro spirituale e nella frequenza delle giaculatorie sta la grande opera della devozione. Tale esercizio può supplire alla mancanza di tutte le altre orazioni, mentre la mancanza di questo non può quasi essere riparata da nessun altro mezzo. Senza di questo, la vita attiva non sarà che mal compiuta (...) ed il lavoro non sarà che un impedimento» (Introduzione alla vita devota, p. II, c. III). |
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