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Pekko Pietari Hakkarainen, terza classe, 28 anni.
Sua moglie era ripiena di sonno quando un colpo sordo
e una lunga vibrazione lo svegliarono di soprassalto. Pekko la chiamò con un
bacio e con una carezza – era bella, molto bella la moglie di Pekko
Hakkarainen. Le disse: “Vado a vedere che succede”, e lo disse con un sussurro
appena, per non disturbare quel sonno biondo e dolce. Lei quasi non se ne
accorse. Lui si rivestì in gran fretta, attento a non far rumore, come un gatto
o una pernice fra i cespugli. Lei lo guardava e taceva. Lui prese l’orologio e
si infilò un cappotto lungo e scuro e si avvicinò alla porta. Lei cercò i suoi
occhi e il suo sorriso e il suo silenzio. Lui indugiò ancora un poco sulla
porta della cabina, posò lo sguardo sul viso di lei e sorrise. Lei chiuse gli
occhi e poi li riaprì e lo guardò per un istante lunghissimo. Lui pensò che il
tempo si era interrotto, sorrise ancora e il suo sguardo era come impigliato in
quello di lei, e non se ne sarebbe andato mai. Lei si avvoltolò sotto le
coperte e si aggrappò al cuscino come se si aggrappasse al sonno che la
circondava, che la carezzava, che non voleva lasciarla. Lui si voltò e le diede
le spalle e posò la mano sulla maniglia di ottone della porta e si accinse ad
uscire. Lei mormorò qualche parola impastata e misteriosa, come se già stesse
sognando, come un bimbo cui i genitori, tornando a casa la sera, danno un bacio
leggero, come se fosse sola e lontana. Lui si voltò ancora per raccogliere quel
suono sottile e confuso. Lei era tornata ai suoi sogni, il sonno l’aveva
riconquistata e il suo respiro era tranquillo. Lui la salutò con un ultimo
sguardo e un cenno, e fu questo il loro
addio.
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