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Robert Suczek era nato in un piccolo villaggio della
Boemia, allora parte dell’impero absburgico, ma aveva studiato e lavorava in Germania.
Era un ingegnere. Il suo lavoro lo portava, di tanto in tanto, negli Stati
Uniti. Il 9 giugno del 1912 un telegramma lo informò che la sua presenza
oltreoceano era indispensabile per concludere un affare di una certa rilevanza.
Il giorno dopo partiva il Titanic. Prenotò immediatamente un biglietto
di prima classe e s’imbarcò per Southampton. Poiché tuttavia non disponeva di
sufficiente denaro in contanti – il biglietto di prima costava più di 600
sterline: davvero tanti soldi – si accordò con la White Star in questo modo: la
sua banca di Bruxelles avrebbe accreditato direttamente sul conto della
compagnia di navigazione l’importo del biglietto; la banca della White Star, a
sua volta, avrebbe telegrafato al transatlantico – i “marconigramma”, come si
chiamavano allora, erano una novità e il Titanic fu la prima nave a
inviarli e a riceverli – l’avvenuto pagamento. Suczek dunque s’imbarcò a
Southampton. A Cherbourg però, che era l’ultima tappa europea del Titanic,
la radio della nave non aveva ancora ricevuto il “marconigramma” atteso dalla
banca della White Star. Così Suczek fu fatto sbarcare, e il giorno dopo
s’imbarcò sul Lusitania. Seppe del naufragio mentre attraversava
l’Atlantico. Continuò tranquillamente a viaggiare per mare, e traversò l’oceano
altre dieci volte. L’ultimo viaggio lo fece nel ’27. Morì in Europa nel ’55,
senza esser mai salito su un aereo. “Non mi fido degli aerei”, diceva
spesso.
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