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Walter Donald Douglas, prima classe, 50 anni.
Il mausoleo di famiglia, nel cimitero di Oak Hill, è
una specie di tempio greco; sui lati, due grandi statue di marmo bianchissimo
salutano i visitatori con un’espressione mesta e, secondo qualcuno, vagamente
soddisfatta: come se dicessero, “Beh, prima o poi toccherà anche a voi”. La
casa di famiglia, o per dir meglio il palazzo di famiglia, sorge sulla collina
di fronte al lago Minnetonka ed è a dir poco impressionante: si dice che
l’architetto si sia ispirato ad un castello francese; il giardino è ricco di
statue e di fontane e c’è anche un labirinto; nessuno in paese saprebbe dire
quante sono le stanze. Walter Douglas, che si costruì sia il palazzo sia il
mausoleo, era un capitano d’industria: nel corso del tempo aveva accumulato una
fortuna immensa, e poiché la ricchezza è un segno della benedizione di Dio, che
ricompensa ciascuno di noi per le proprie capacità e qualità, non ne faceva
mistero e, anzi, amava mostrarla. Non era però uno spaccone, il capitano
d’industria Douglas: e neppure era schiavo del proprio lavoro. A cinquant’anni
decise di andare in pensione e di dedicare il resto della propria esistenza ad
amministrare il patrimonio e a godersi la vita. Cominciò con un lungo viaggio
in Europa, che è dove vanno gli americani quando vogliono star bene. Douglas,
che amava l’arte e le cose belle, partì per l’Europa con uno scopo in più:
scegliersi l’arredamento più adatto per il suo palazzo sul lago, dove, fra
mobili antichi e quadri d’autore, avrebbe trascorso in pace la vecchiaia. Morì,
dicono, da gentiluomo: salvarsi, dichiarò, l’avrebbe fatto sentire “meno di un
uomo”.
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