Maggiore Arthur Godfrey Peuchen, prima classe, 53 anni.

Che cosa esattamente abbia fatto il maggiore Arthur Godfrey Peuchen quella notte, come si sia veramente comportato, se da eroe o da codardo o più semplicemente da uomo pieno di freddo e di paura, e insomma se abbia onorato la divisa che portava oppure no oppure così così, non lo sapremo mai. Difficile che abbia effettivamente preso il comando della scialuppa n° 6, come lui stesso in un primo momento raccontò; probabile che davvero si sia stancato, dopo un po’ che remava nel buio e nel freddo, e che Molly Brown, un’americana di spiccato senso pratico, gli abbia veramente urlato: “Stia zitto e remi!”. Quel che è certo è che il maggiore fu perseguitato negli anni a venire in parte dal proprio senso di colpa, e in parte dalle maldicenze altrui. Come se salvarsi fosse un peccato grave. Si disse che non sarebbe mai stato promosso tenente colonnello, dopo quello che era successo: invece no, la promozione arrivò puntuale e per il maggiore fu un nuovo motivo di cruccio; non era sicuro di meritarsela; e, per la verità, neppure lui sapeva più che cosa era davvero successo quella notte, come si era comportato e che cosa aveva fatto e che cosa, invece, non era stato capace di fare. Morì nel ’29, non sappiamo se in pace. Cinquant’anni dopo dal relitto del Titanic fu recuperato il suo portafogli, che oggi è in qualche museo. Non ci aiuta a ricostruire i fatti di quella notte, né lo stato d’animo del maggiore, e in definitiva non ha alcun significato. È un portafogli, diresti, come tanti altri. Dentro hanno trovato un biglietto da visita del maggiore, con il suo indirizzo di Toronto, e un paio di biglietti del tram. Curioso, vero?