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Marjorie Collyer, seconda classe, 8 anni.
Marjorie aveva otto anni; con i genitori stava
emigrando negli Stati Uniti. “Fu un mercoledì che prendemmo il treno per
Southampton. Alcuni amici vennero alla stazione a salutarci, e qualcuno ci
accompagnò fino all’imbarco. Non credo che ci sia al mondo una nave grande come
il Titanic. La notte che il Titanic si scontrò con l’iceberg
stavo dormendo. Erano le undici, più o meno. Non sentii il colpo. La nave
cominciò a rinculare come un treno e sentii mia madre dire a mio padre che
secondo lei i motori si erano spenti. Lui si vestì e salì sul ponte. La nave
sembrava essersi fermata. Poi la mamma mi vestì, mi prese per mano e mi portò
di sopra. Era in camicia da notte, e anch’io non ero completamente vestita.
Avevo una grande bambola che avevo ricevuto due natali prima, ma eravamo
talmente di fretta che la dimenticai in cabina. Piangevo per la mia bambola, ma
non potevamo tornare indietro. I ponti erano pieni di gente. Qualcuno piangeva.
Un ufficiale ci disse che dovevamo indossare il salvagente, e lo facemmo tutti
e tre. Piangevo per la mia bambola, ma nessuno poteva tornare indietro a
prenderla. Poi qualcuno disse che dovevamo salire su una scialuppa. Papà mi
prese in braccio e mi baciò, poi baciò la mamma. Le stelle splendevano, ed era
tutto illuminato come di giorno. Vidi il Titanic sollevarsi in aria
prima di affondare, e sembrava ancora più grande. Restammo in mare per sette
ore. Avevo molta paura e a volte piangevo. Piangevo più forte quando pensavo
alla mia bambola laggiù nell’acqua, sola, senza che nessuno se ne prendesse
cura per impedirle di bagnarsi”.
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