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Calumet è una cittadina del Minnesota che avrà avuto
sì e no diecimila abitanti all’epoca dei fatti. Forse anche meno. Aveva (e ha
tuttora) un piccolo teatro in legno, elegante e modesto, con tre ordini di palchi
e le poltrone rivestite di velluto rosso. In tutto, trecento posti e poco più.
Siccome però la gente di Calumet, chissà perché, ha sempre amato la lirica,
quel loro teatro decisero di battezzarlo Calumet Opera House. È un nome un poco
pomposo, questo lo capivano anche i melomani di Calumet: però suonava bene,
dava importanza alla cittadina e riempiva di gioia i suoi abitanti. Di opere, a
Calumet, non è che ne andassero in scena molte: diciamo un paio l’anno, non di
più. E gli allestimenti, è comprensibile, lasciavano un poco a desiderare. Per
il resto, il teatro ospitava le recite scolastiche di tutte le classi della
città, i concerti della banda cittadina, le tragedie di Shakespeare messe in
scena dalla Società filodrammatica, e una volta persino un circo venuto dalla
California (senza animali, s’intende). La gente di Calumet frequentava
volentieri la Calumet Opera House e, dopo lo spettacolo, affollava ancor più
volentieri i due locali che s’aprivano proprio sull’altro lato della strada,
l’uno di fronte al porticato del teatro, l’altro leggermente più a destra.
Agnes Davis, che aveva lasciato l’Inghilterra dopo la morte prematura del
marito per raggiungere nel Minnesota il figlio maggiore (viaggiava con gli
altri suoi due figli, e uno lo perse nel naufragio) raccontò il proprio viaggio
sul Titanic una sera di luglio, sola sul palco della Calumet Opera
House, e qualcuno pensò che fosse un’attrice.
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