- 66 -
Non amava perdersi in chiacchiere, il marinaio scelto
Poingdestre. Anzi, non gli piaceva proprio parlare: alle domande rispondeva a
monosillabi, o a grugniti, e se scoppiava una qualche discussione, lui subito
se ne allontanava. Era fatto così. Molti marinai sono fatti così. Poingdestre
aveva trovato lavoro sul Titanic due mesi dopo il naufragio dell’Oceana
al largo delle coste di Newhaven. Si era salvato dall’Oceana e aveva
ricominciato ad andare per mare come se nulla fosse accaduto. Non una parola,
non un’esclamazione. Era fatto così, Poingdestre. Non si spaventava di nulla. E
poi, per un marinaio, far naufragio rientra nel novero delle possibilità. È una
cosa che può capitare. La notte che il Titanic andò a fondo, Poingdestre
parlò poco ma si diede molto da fare. Gli fu affidato il comando della
scialuppa n° 12, una delle prime ad esser calata in mare. E siccome la
scialuppa era semivuota, si preoccupò di salvare dalle acque quanti più
naufraghi poteva. Quando il Carpathia li raccolse, erano più di
settanta. Neppure del Titanic Poingdestre disse mai una parola. L’unica
cosa che raccontò fu che aveva perso i suoi stivali di gomma. Era sceso in
cabina per prenderli, ma una giuntura era scoppiata e l’acqua aveva invaso il
corridoio. Poingdestre fu costretto a ritornare in fretta e furia sul ponte,
con l’acqua che gli arrivava al petto, e dovette dire addio ai suoi stivali. Fu
questa l’unica cosa che raccontò del suo secondo naufragio. Il terzo naufragio
gli capitò durante la Grande guerra: la sua nave fu colpita da un siluro e colò
a picco in mezz’ora. Si salvò, e non disse una parola.
|