- 70 -
Latifa Baclini, terza classe, 24 anni.
Il marito, Salomon, seppe tutto a cose fatte. Sua
moglie, Latifa, doveva imbarcarsi con le tre figlie a Cherbourg – ma su
un’altra nave. Un attacco di congiuntivite la costrinse invece a terra per più di
una settimana; le comunicazioni erano difficili per una libanese che parlava un
po’ di francese e nulla di inglese; Latifa e le tre bambine salirono dunque sul
Titanic, la prima nave disponibile dopo che la congiuntivite se n’era
andata, senza avvertire Salomon che dall’altra parte dell’oceano le stava
aspettando. Latifa aveva vissuto in Libano tutta la vita; Salomon aveva cercato
fortuna in America, a Brooklyn. Avevano ora deciso di ritrovarsi: Salomon aveva
un buon lavoro e una casa abbastanza grande per la sua famiglia: e Latifa era
partita. Senza quella fastidiosa congiuntivite sarebbe arrivata prima da suo
marito; Latifa però era una donna abituata agli imprevisti e alle sventure:
veniva da un paese povero e non coltivava molte illusioni. Si curò come poté, e
quando fu guarita si imbarcò. Non sapeva neppure che cosa fosse il Titanic:
per lei era una nave come qualsiasi altra. Sì, è vero: la terza classe sembrava
molto lussuosa, sembrava una nave da signori, questo Titanic, e i
camerieri e i marinai sembravano molto educati. Latifa non ci badava molto,
però. Si salvò dal naufragio e salvò le sue tre bambine e salvò anche una
ragazza libanese che le era stata affidata e che andava in America a conoscere
il suo sposo. Quando arrivò a New York, raccontò il naufragio al marito
un’unica volta; non ne parlarono mai più; erano gente semplice, abituata agli
imprevisti e alle sventure, senza grilli per la testa.
|