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Carla Christine Jensen, terza classe, 19 anni.
Faceva la cameriera a Eskilsdrup, e suo padre era il
macellaio del paese. La Danimarca era fredda, e forse anche un poco noiosa, e
Carla voleva andarsene. Convincere il padre non fu facile: Christian Jensen –
questo il suo nome – non voleva che sua figlia andasse libera per il mondo. In
America però c’era uno zio, che si chiamava Niels e faceva il carpentiere
nell’Oregon, e nell’Oregon c’era il sole e viverci doveva essere meraviglioso.
Ci volle molto tempo e molta pazienza e molte promesse, e finalmente Carla
convinse suo padre a lasciarla partire: lo zio, che era tornato dall’America
apposta per prenderla con sé, avrebbe guidato la spedizione: il padre di Carla
si sentiva più sicuro. Con loro s’imbarcarono anche il fratello di Carla, che
si chiamava Svend, e il fidanzato di Carla, che si chiamava Hans e che secondo
il padre di Carla era un buono a nulla. Carla ad ogni modo lo amava, e tutti e
due amavano l’idea che s’erano fatti dell’Oregon. Carla fu la sola a
sopravvivere, e mentre riposava in un ospedale di New York e ricamava per
ingannare il tempo scrisse a suo padre. Il padre le rispose di tornare subito a
casa. Carla rinunciò all’Oregon e s’imbarcò sull’Adriatic fino a
Liverpool. Il 13 maggio era di nuovo a Eskilsdrup. Non lasciò mai più la
Danimarca. Morì che era molto vecchia, vedova e con tre figli ormai grandi che
le volevano bene. Secondo i suoi desideri, fu sepolta con la camicia da notte
che indossava quella notte, la notte del naufragio, la notte che perse il suo
Hans e l’Oregon e tutta quanta la vita che aveva sognato di vivere, la notte
che finì il suo viaggio in una camicia da notte.
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