Reginald Robinson Lee, vedetta, 32 anni.

Se Frederick non avesse visto quel maledetto iceberg. Se soltanto l’avesse visto un attimo dopo, venti secondi dopo, trenta secondi dopo. Se soltanto Frederick fosse stato più stanco, quella sera, o più distratto. Se non si fosse accorto di quella montagna di ghiaccio nero che ci veniva addosso. Reginald Robinson Lee era di vedetta con Frederick Fleet quando fu avvistato l’iceberg: cioè quando, per la precisione, Fleet lo avvistò. Sopravvisse al naufragio, e per tutta la vita si tormentò con l’idea che quella notte le cose avrebbero potuto andare diversamente: se soltanto Frederick non avesse visto quel maledetto iceberg. Già, perché se il Titanic fosse andato a sbattere frontalmente contro la montagna galleggiante, non sarebbe affondato. Ci sarebbe stata qualche vittima, questo è certo: forse anche molte vittime. Ma la nave non sarebbe andata a fondo, se solo Frederick avesse avvistato quel dannato iceberg con mezzo minuto di ritardo: la manovra disperata del capitano sarebbe stata inutile, la nave avrebbe cozzato di prua contro il ghiaccio duro più della roccia, molti sarebbero morti e molti si sarebbero feriti, ma il Titanic non sarebbe colato a picco. Così almeno sostengono gli ingegneri che l’hanno costruito. E così si arrovellò Lee per tutta la sua vita di sopravvissuto. Avrebbe potuto distrarsi un attimo, il buon Frederick. Avrebbe potuto accendersi una sigaretta, o allacciarsi una scarpa, o chinarsi a terra per raccogliere qualcosa. Vederlo prima, quel disgraziato iceberg assassino, non si poteva: questo Lee lo sapeva bene. Ma un attimo dopo, che diamine, un attimo dopo sì che si poteva.