Jessie A. Goodwin, terza classe, 10 anni.

Così scriveva Jessie Goodwin nel suo piccolo diario con le pagine rosa pallido, finito in mare insieme a lei e a tutta la sua famiglia: “Io Lillian non la sopporto. Non la sopporto. Non la sopporto. Vuole sempre aver ragione. È lei che decide a che cosa bisogna giocare, e poi decide come bisogna giocare, e poi decide quando bisogna smettere. E guai a non fare come dice lei! Se non faccio come dice lei, mi mena, e se io strillo va dalla mamma e le dice che sono stata cattiva. Questa mattina eravamo sul ponte, stavamo giocando alla settimana perché lei aveva deciso di giocare alla settimana, e quando toccava a me ho tirato il sasso (non era proprio un vero sasso, sembrava una birretta ma a dire il vero non era neppure una birretta, non so bene che cosa fosse, era stata Lillian a procurarsi quel non-sasso), insomma quando toccava a me io ho tirato il sasso e il sasso è finito in mare, è andato a infilarsi proprio sotto la ringhiera ed è rotolato in mare. Che colpa ne ho io? Non sono io che l’ho tirato in mare, il sasso, è lui che c’è finito. Forse c’è stato un colpo di vento, adesso non mi ricordo neppure bene, perché Lillian ha cominciato a strillare come una strega e poi mi ha anche menato, però credo che sia stata colpa del vento, oppure la nave è andata a sbattere contro un grande pesce dell’oceano e il colpo ha fatto ruzzolare in mare il sasso che stavo tirando. Io non ne ho colpa. Non è colpa mia. Lillian mi ha menato e poi è corsa dalla mamma e ha detto che ero stata cattiva, e la mamma ci ha sgridate tutte e due e per un po’ siamo restate ognuna per conto suo. Poi abbiamo ricominciato a giocare”.