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Elizabeth Bonnell, prima classe, 58 anni.
Lily Bonnell aveva cinquantott’anni e non s’era mai
sposata. Viveva a Birkdale, nella vecchia Inghilterra, ed era esattamente la
persona che ci si immaginerebbe di conoscere pensando ad una zitella inglese.
Era benestante, per non dire ricca, ma non ostentava nulla. Era molto educata e
molto formale e molto fredda. Era rigida nei movimenti, impettita e severa. Non
sorrideva mai e guardava gli altri, chiunque altro, con un’aria di degnazione e
di sufficienza. Era molto devota, sebbene anche in questo caso non ostentasse
nulla, e partecipava attivamente, con frequenza almeno quindicinale,
all’organizzazione di feste di beneficenza. Non faceva nulla che giudicasse
sconveniente per una signora del suo rango: non alzava mai la voce, non fumava,
non usciva da sola, non beveva. Indossava meravigliosi cappelli che
torreggiavano sul suo corpo esile e rigorosamente vestito di nero. Custodiva i
ricordi di famiglia con l’orgoglio e la devozione che un principe potrebbe
dedicare alla memoria dei suoi avi. Neppure durante il naufragio si scompose.
Sulla nave – viaggiava con una nipote, Caroline – aveva intrecciato un’amicizia
non superficiale con i Wick, dai quali tuttavia sapeva tenersi a distanza
quando i loro modi – i Wick, in fondo, erano americani – le parevano eccedere
l’etichetta. Caroline bussò alla porta della sua cabina poco dopo la
collisione. La signorina Bonnell indossò il salvagente esattamente come avrebbe
indossato il corsetto, e cioè in silenzio e guardando altrove, dopodiché salì
sulla scialuppa n° 8. A New York prese una suite al Waldorf-Astoria.
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