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Selma Augusta Emilia Johansson Asplund, terza classe,
38 anni.
Ricominciare da sola, senza marito, con due figli
piccoli – Lillian, di cinque anni, e Felix, di tre – e dopo averne persi tre
nel naufragio, lontano da casa: Selma non si era immaginata così il suo nuovo
viaggio in America. La comunità svedese di Worcester era numerosa,
economicamente prospera e ben impiantata nella contea. Selma, che lì aveva
sposato Carl e lì aveva vissuto diversi anni, conosceva un po’ tutti e aveva
molti amici. Furono loro ad aiutarla, raccogliendo ogni mese, e per diversi
anni, il denaro necessario alla vedova. I primi tempi non furono facili. Poi,
un giorno, bussò alla porta di Selma un uomo che lei non aveva mai visto prima
e che in paese nessuno sembrava conoscere. Erano passati tre o quattro anni dal
naufragio, e Selma oramai era in grado di mantenere quel che restava della
propria famiglia. L’uomo le chiese se voleva sposarlo. Glielo chiese così,
improvvisamente e senza nessun preambolo, come se fosse la cosa più naturale
del mondo o come se da una vita aspettasse di chiederglielo. Selma pensò ad uno
scherzo o temette un malintenzionato: ad ogni modo, richiuse la porta e cercò
di non pensarci più. Nessuno sapeva dirle chi mai fosse quell’uomo, e perché
era venuto, e da dove. Selma non era una donna romantica, ma quella visita le
restò impressa e qualche volta, la sera, il volto dello sconosciuto si
riaffacciava insistente. Un uomo in casa, in fondo, sarebbe tornato utile; i
bambini si sarebbero presto abituati e ne sarebbero stati contenti. Selma non
rivide mai più lo sconosciuto, né si risposò. Qualche volta, da vecchia,
ripensava a quella visita, e
sorrideva.
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