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Clarence aveva un nome americano, e ne era orgoglioso.
Tutti i suoi amici, ad Alseda, si chiamavano Gustav o Olaf o chissà come, e
Clarence invece si chiamava Clarence. I suoi amici lo prendevano in giro, e gli
chiedevano se Clarence fosse un nome da maschio o da femmina, perché a loro
sembrava proprio un nome da femmina, e per questo lo prendevano in giro.
Clarence, anziché reagire, sorrideva dall’alto del suo nome americano e,
paziente, spiegava ai suoi amici che Clarence era un nome americano, che lui
era nato in America, che l’America è un posto molto grande, molto più grande di
Alseda e molto più grande della Svezia, e che oltre ad essere un posto molto
grande l’America è anche un posto molto bello, certamente più bello di Alseda,
dove l’inverno fa un freddo terribile e per un sacco di mesi neanche si riesce
a vedere il sole, e insomma che lui, Clarence, era molto contento e molto
orgoglioso di chiamarsi Clarence. I suoi amici ascoltavano, annuivano, e poi
ricominciavano a prenderlo in giro, loro che si chiamavano Vilhelm o Gunnar o
chissà come, e gli chiedevano come mai avesse un nome da femmina, perché è
chiaro che Clarence non è un nome da maschio, ma è invece un nome da femmina,
non c’è alcun dubbio che Clarence è un nome da femmina, e poi scoppiavano a
ridere e aspettavano che Clarence reagisse e Clarence invece non se ne curava,
orgoglioso com’era del suo nome americano. Quando Clarence, che l’America non
l’avrebbe rivista, disse che partiva, gli amici gli chiesero se in America le
femmine si chiamavano Clarence, e poi scoppiarono a ridere.
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