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Edward Austin Kent, prima classe, 58 anni.
Un destino sottile e insignificante li aveva fatti
ritrovare sulla stessa nave, senza che lo sapessero e senza che si
conoscessero: l’architetto Kent aveva progettato la cattedrale di Delaware
Street, a Buffalo, e il padre di Henry Sutehall, che era un decoratore stimato
in città, ci aveva lavorato. Henry e l’architetto Kent non si conoscevano, e
non si frequentarono durante il viaggio. Il primo concludeva in terza classe il
suo viaggio intorno al mondo, il secondo tornava a casa in prima classe da una
vacanza in Francia appositamente programmata per godere, al ritorno, dei fasti
del Titanic. L’architetto viaggiava con un gruppo di amici. Accolse il
naufragio con sereno distacco e viva partecipazione: si prodigò, con gli amici,
a mettere in salvo le signore della cui compagnia si era deliziato nel corso
della troppo breve crociera; le scortò alle scialuppe; verificò che tutto fosse
in ordine; le salutò con discrezione; si allontanò lungo il ponte sempre più
pericolosamente inclinato. Alle due e venti di notte, mentre la nave stava
inabissandosi, non si mosse, non cercò di saltare, non gridò, non disse nulla:
le acque si richiusero su di lui così come si andavano chiudendo sul suo
sconosciuto compagno di viaggio, il giovane figlio del decoratore della sua
bella cattedrale di Buffalo. L’architetto Kent amava la vita, le belle donne e
la letteratura, oltreché naturalmente l’architettura. Aveva cinquantott’anni,
un’età in cui si desidera continuare a vivere, e anzi, spesso, lo si desidera
ancor più di prima perché gli agi e i piaceri paiono più necessari – o
semplicemente perché sembrano allontanarsi e fuggire con lo scorrere veloce del
tempo.
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