- 113 -
James Clinch Smith, prima classe, 56 anni.
James Clinch Smith, tenente del Terzo Cavalleria,
tornava dall’Europa al termine di una vacanza con un gruppo di amici; era un
signore di mezza età, rispettabile e un poco noioso. Il rigore dell’esercito,
al cui interno era cresciuto senza fare troppa carriera e che considerava, più
ancora che la propria vera famiglia (non s’era infatti mai sposato), un club
esclusivo cui si onorava di appartenere, con il passare degli anni l’aveva reso
ancor più serioso. Ciò nonostante, gli amici ne apprezzavano la generosità e la
disponibilità – quelle stesse virtù di cui avrebbe dato mostra di lì a poco, nelle
ore terribili del naufragio dal quale non poté salvarsi. James Clinch Smith, di
norma assai riservato sulle questioni private, non rinunciava però a raccontare
ad amici e conoscenti, dopo cena e assaporando un buon sigaro, un evento
luttuoso di cui era stato testimone oculare. Perché il racconto potesse
dipanarsi, tuttavia, era necessario che della compagnia non facesse parte
nessuna signora: l’educazione del tenente Smith gli impediva di parlare di
“certe cose” in presenza del gentil sesso. Qualche anno prima, nel giugno del
1906, l’uomo che aveva sposato sua sorella Bessie, l’architetto Stanford White,
era stato barbaramente assassinato da un certo Harry Thaw. Thaw aveva appena
sposato Evelyn Nesbit, la graziosa ragazza che i White da cinque anni tenevano
come cameriera. Il tenente Smith concludeva immancabilmente il suo racconto con
le parole: “Non ci si può più fidare di nessuno”. E non è escluso che la
giovane Evelyn si sia a sua volta fidata un po’ troppo dell’irruente architetto
White.
|