Leontine Pauline Aubert, prima classe, 23 anni.

Era bella, era molto bella: diceva di avere ventitré anni, e probabilmente non era vero. Per essere esatti, non aveva mai ammesso la sua età e non aveva mai risposto ad una domanda sull’età, ma in giro si sapeva che aveva ventitré anni. E dunque: lei stessa faceva circolare quell’età, lei che dell’età non voleva parlare, e probabilmente quell’età non era la vera. Ma che importa? Certo è buffo che una donna che quasi è ancora una ragazza, e che è molto bella, nasconda gli anni e dissimuli e accrediti un’età che non è la sua. Che probabilmente non è la sua. Strano, no? Leontine era l’amante di Benjamin Guggenheim, uno degli uomini più ricchi d’America. I soldi non le interessavano: è proprio così, non è un modo di dire o un’ipocrisia: per Leontine i soldi non erano l’essenziale. È vero però che ne aveva, di soldi: non ricchissima, la sua famiglia era però benestante, e forse qualcosa di più. Un certo agio ai confini con la ricchezza non le mancò mai, e ne ingentilì l’animo e il corpo, e le dipinse in volto un lieve impercettibile broncio che le dava sempre, o quasi sempre, un’aria appena appena annoiata. Guggenheim probabilmente la amava: ne amava prima di tutto l’essere francese; di più: l’essere parigina. E amava il corpo di Leontine, questo è certo. E Leontine? No, non si può dire che Leontine amasse il suo amante. Lo trovava brillante e poco più. Perché allora ne era diventata l’amante e lo stava ora seguendo in America? Leontine amava viaggiare; amava accumulare esperienze: gli anni – quegli anni che teneva a tutti nascosti – amava stiparli di persone e di luoghi e di deboli, fuggenti affetti. Si salvò.