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James Johnson, cameriere del salone di prima classe,
30 anni.
James Johnson aveva da poco finito di lavorare. La
grande sala da pranzo della prima classe, dove aveva appena servito l’ultima
cena, era ormai deserta. James si stava riposando con un paio di colleghi:
erano seduti ad un tavolo e stavano chiacchierando accompagnati da un sigaro.
La conversazione fu interrotta da un rumore inaspettato, uno stridere metallico
che incuriosì, e preoccupò, i tre camerieri. James, che di navi se ne
intendeva, sostenne che sicuramente si trattava di una pala dell’elica. “Credete
a me, si sarà staccata”, disse ai colleghi. Il gruppetto si sciolse, e James
prese a girovagare per la nave. Il capitano Smith, che incontrò di lì a poco,
gli assicurò che non c’era nulla di grave. James, però, non se ne convinse del
tutto. Percepiva l’agitazione del capitano, intuiva che qualcosa era andato
storto. Tornò in cucina, si scelse quattro arance mature, e se le infilò in
tasca. Quattro arance mature: è buffo, no? Come se dovesse essere arrestato (e
chissà poi perché ai carcerati si recano in dono le arance). O come se volesse
in tutti i casi, e qualsiasi situazione si fosse venuta a creare da lì a poco,
seguire una sua personalissima dieta. Il succo delle arance fa bene: James lo
sapeva, come lo sanno tutti, e voleva premunirsi. Come se volesse allestirsi
una sua personale scorta di vitamine in attesa degli eventi, e senza sapere
quali sarebbero stati. Riuscì a salvarsi, non grazie alle arance ma alla buona
sorte, e può darsi che sulla scialuppa abbia diviso i suoi agrumi con gli altri
naufraghi. Certo è un’immagine bizzarra: un uomo con quattro arance in tasca
sul Titanic che lentamente affonda.
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