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Antoni Yazbeck, terza classe, 27 anni.
L’ultima cosa che pensa scendendo in fondo al mare.
L’ultima cosa che gli viene in mente, mentre l’acqua scura come catrame si
richiude sopra la sua testa, indifferente e silenziosa, e come se nulla fosse
accaduto, come se non accadesse nulla. L’ultima cosa. L’ultima cosa che
s’affaccia ai suoi pensieri, già disordinati e arruffati e confusi come sa
essere confusa una morte già attesa, già messa in conto, e tuttavia inaspettata
e perplessa. L’ultima cosa che viene in mente ad Antoni Yazbeck, libanese,
ventisette anni, sposato, in viaggio verso la Pennsylvania come si viaggia
verso il villaggio vicino, ignaro di tutto, ignaro del mondo e al mondo
sconosciuto, casuale, e determinato. L’ultima cosa prima che il mare torni ad
essere semplicemente il mare, e il più famoso naufragio della storia un ricordo
e un racconto e una leggenda. L’ultima cosa lontano dalla sua Selini,
sposa-bambina di quindici anni e fra pochi istanti, fra pochissimi, già vedova
e destinata a nuove nozze, ad un’altra vita, ad una vita non prevista né
voluta, esattamente come questo naufragio, esattamente come queste acque di
catrame che si richiudono gelide e tolgono il respiro, affannano, annegano, e
infine uccidono. L’ultima cosa di Antoni senza la sua Selini, chissà poi quanto
amata, e ora lontana per sempre, già idealmente fra le braccia di un altro
uomo, già sfiorata e baciata e penetrata, il suo seno le sue cosce la sua bocca
alla mercé di un estraneo non voluto, e Antoni che impotente guarda e osserva e
stupisce, le sue cosce la sua bocca il suo seno, e l’acqua tutto intorno a lui
e sopra di lui e già senza di lui.
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