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Irene Colvin Corbett, seconda classe, 30 anni.
Irene Corbett, figlia di un vescovo mormone, tornava
da Londra, dove quell’inverno aveva seguito un corso per infermiere. Aveva
lasciato i figli dai nonni. La mattina del 15 aprile – quando il transatlantico
era già in fondo all’oceano – i genitori di Irene ricevettero una lettera della
figlia, che li informava che si sarebbe imbarcata sul Titanic per
tornare a casa. Nella lettera Irene scriveva anche che diversi altri mormoni si
sarebbero imbarcati con lei – ma in realtà non risulta che sia stato davvero
così. Spaventato, il padre di Irene telegrafò a New York per sapere che cosa
fosse successo alla figlia. Nel pomeriggio del 19 aprile ricevette in risposta
due distinti telegrammi. Questo è il primo: “New York, 19 aprile. – Né il nome
della signora Irene Corbett, né un nome simile compare nella lista dei passeggeri
di seconda classe imbarcatisi sul Titanic a Southampton. – White Star
Line”. I genitori di Irene tirarono un sospiro di sollievo. Evidentemente Irene
aveva cambiato idea all’ultimo momento, si dissero, o non aveva trovato posto,
o un qualsiasi contrattempo l’aveva trattenuta a Southampton. Meno male, si
dissero. Ora però dobbiamo scoprire dov’è finita nostra figlia, si dissero.
Beh, non sarà poi così difficile. E di certo, si dissero, Irene si farà viva. È
una ragazza così precisa. Neanche mezz’ora dopo arrivò il secondo telegramma:
“New York, 19 aprile. – Scoperto ora che il nome della signora Irene C. Corbett
compare nella lista dei passeggeri imbarcatisi sul Titanic a
Southampton, ma purtroppo non si trova nell’elenco dei sopravvissuti raccolti dal
Carpathia. – White Star Line”.
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