- 144 -
Leslie Williams, terza classe, 28 anni.
Leslie era un boxeur e probabilmente andava in America
a combattere. Veniva da un paesino del Galles dove la boxe è praticata nei pub
senza preavviso e con discreta frequenza, così per passare le serate, e tanto
peggio se qualcuno se ne ha a male. Leslie ne aveva fatto però una vocazione, e
ora voleva farne un lavoro. Aveva vinto qualche incontro, non s’era piazzato
male in un paio di tornei locali. Difficilmente in America avrebbe fatto
fortuna. Era un ragazzo simpatico e generoso, solare; però non è che avesse
molta tecnica. Gli piaceva fare a pugni come ad un altro potrebbe piacere
andarsene in giro in bicicletta la domenica, fuori porta, e tra i campi – non
per questo diventa un campione di ciclismo. Ad ogni modo il povero Leslie in
America non ci arrivò mai: e sì che s’era vestito bene, per andare alla
conquista del Nuovo mondo e conquistarsi sul ring un poco di denaro e di
gloria. Indossava, la notte del naufragio, un abito blu non elegante ma certo
passabile, e ai polsi aveva due gemelli d’argento, e due anelli d’oro alle dita
– il primo vinto nel corso di un combattimento, durante una fiera, l’altro
ricevuto in dono dalla madre, a mo’ di portafortuna – e la camicia era a righe
rosse, un po’ da gagà, se vogliamo, ma presentabile, sicuramente presentabile.
Leslie era insomma un bravo ragazzo, un ragazzo di campagna, un ragazzo alla
buona: in America forse sarebbe finito male, chissà, forse in America
l’avrebbero fregato, e chissà che fine avrebbe fatto. Certo non si può dire. Ed
è un peccato che sia finito in fondo al mare, con i suoi due anelli e la sua
camicia a righe rosse da simpatico gagà di paese.
|