- 149 -
Alfred Olliver, timoniere, 27 anni.
La notte del 14 aprile Alfred Olliver, timoniere del Titanic,
completò il suo turno che erano le dieci di sera. Aveva poi consegnato alcuni
messaggi ad un paio di ufficiali e se ne stava tornando alla sala del timone
quando si verificò la collisione. Mentre saliva la scala, sentì la campana del
quadrato ufficiali suonare per tre volte, ma non riuscì a vedere nulla. Era un
tipo tranquillo, il timoniere Olliver. Doveva dare un’occhiata alla bussola –
lo faceva sempre dopo aver completato il turno al timone – e non si preoccupò
più di tanto di quella campana. Proprio mentre stava affacciandosi al ponte lo
vide. Sentì un rumore mai udito prima, come uno stridere di freni, o lo
sferragliare lontano di un treno, oppure una lama sopra una superficie
metallica – era un suono mai udito prima. E poi lo vide. Non fece a tempo a
capire che rumore fosse, quel rumore, e improvvisamente lo vide. Era enorme.
Era più alto della nave, sì, decisamente più alto. Era sul fianco della nave, e
si muoveva piano e riempiva gli occhi e non si poteva smettere di guardarlo.
Era altissimo. Ed era blu scuro. L’iceberg non era bianco, no: era di un blu
metallico, luminescente, brillante e silenzioso, era di un blu mai visto prima.
Il timoniere Olliver si tolse la berretta al passaggio dell’iceberg, perché un
iceberg così alto e così grande e così blu non l’aveva visto mai, e la
meraviglia e l’ammirazione erano più grandi del terrore, e quell’istante
sembrava non finire mai, e ci volle molto tempo, ci volle un tempo infinito
prima che la montagna blu scorresse lungo il fianco ferito della nave e piano
si dileguasse e il naufragio cominciasse.
|