- 17 -
“Non ricordo di aver avuto paura. Mi ricordo il
piacere di cascare – plop! – nella scialuppa. Finimmo accanto alla figlia di un
banchiere americano che cercava di salvare il proprio cagnolino, e nessuno
protestò. Soltanto più tardi capii che se non avessimo viaggiato in seconda
classe non ci saremmo mai salvati. Voltammo dunque le spalle al Titanic
e ci addormentammo. L’indomani vidi il Carpathia all’orizzonte. Fui
issato a bordo in un sacco da imballaggio. Mi sembrava molto sconveniente…”.
Michel Navratil, “Momon” per i genitori, tre anni, si salvò così dal naufragio
insieme al fratellino Edmond. Papà li aveva portati con sé senza dir nulla alla
mamma. A New York la figlia del banchiere che aveva salvato il proprio
cagnolino, che si chiamava Margaret Bechstein e che parlava francese, li ospitò
nel suo lussuoso appartamento e forse non se ne sarebbe più separata se un
giorno, dalla Francia, non fosse finalmente arrivata la mamma. Gli “orfani del Titanic”
– così li aveva battezzati la stampa – potevano ritornare a casa: avevano
ritrovato la mamma, ma avevano perso per sempre il papà. Il cadavere di Michel
Navratil fu ripescato e sepolto nel cimitero del Monte degli Ulivi, a New York.
“Momon” visse tutta la vita in Francia, divenne uno stimato professore di psicologia
e cercò di non pensare troppo alla sua lontana avventura di bambino stupito e
curioso che faceva “plop” in una scialuppa in mezzo all’oceano. Il 27 agosto
1996, ottantaquattro anni, quattro mesi e dodici giorni dopo il naufragio,
“Momon” per la prima volta si recò sulla tomba di suo padre.
|