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Emilio Portaluppi, seconda classe, 30 anni.
Il mare è freddo, troppo freddo, come una scossa
elettrica o una bastonata violenta e ingiustificata, come un colpo secco che
lascia senza fiato e immobili e senza sguardo. Emilio Portaluppi era saltato su
una scialuppa mentre questa veniva calata in mare, ma era finito in acqua: un
colpo sordo, un tonfo appena attutito, una scarica violenta e poi un silenzio
immenso. Potete immaginarvi la confusione e il chiasso e le urla e la
disperazione intorno a lui, e le scialuppe che si allontanano e il grande
corpaccione del Titanic che s’inclina e imbarca acqua, e le grida e gli
incitamenti: niente, Portaluppi è immerso in un silenzio siderale e
impenetrabile, come se i timpani gli fossero esplosi o come se un velo sottile
e impenetrabile fosse sceso intorno a lui e l’avesse avvolto e rapito e
stordito. Portaluppi silenzioso prende a nuotare, intontito dal freddo e dal
silenzio, in un mare immobile e nero che pare una fotografia o un quadro
ingombro di dettagli ma già morto, già consegnato al ricordo e alla storia e ai
musei. Portaluppi silenzioso nuota e nuota nel grande silenzio affollato di
urla e grida e pianti, e il Titanic dietro di lui lievemente affonda,
come una foglia si stacca dall’albero e piano piano si posa a terra, come una
piuma che vola nell’aria, come il balzo di un gatto. Soltanto un’onda, una
grande onda nera segna l’addio alla nave, e Portaluppi si solleva e ricade e
risale, ma dolcemente, e come se fosse un sogno. Poi il mare torna piatto e
silenzioso e nero. La vita è qui, sospesa in mezzo all’oceano, e due ore dopo
esser caduto in acqua Portaluppi viene raccolto dalla scialuppa n° 14.
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