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Arthur May, fuochista, 23 anni.
Era un ragazzo, s’era sposato nemmeno un anno prima, aveva un
figlio di sei settimane, faceva il fuochista: di lui rimane soltanto un
cappotto bianco. Glielo rubarono mentre la nave affondava, o magari qualcuno
aveva bisogno di un cappotto e Arthur, che era un ragazzo generoso, gli offrì
il suo, o forse trovarono quel cappotto bianco gettato su una panca, o sul
ponte, e lo raccolsero. Ad ogni modo, il cappotto di Arthur May finì addosso ad
un altro uomo, più anziano e più corpulento, diciamo sulla cinquantina, con
pochi capelli color sabbia e un paio di baffetti quasi trasparenti. All’uomo
mancavano due denti, e in tasca aveva una cartolina indirizzata ad una signora
Kempsey di Belfast – dunque era forse un irlandese, e gli irlandesi sono spesso
corpulenti e se non hanno i capelli rossi li hanno biondi. Aveva anche con sé,
l’uomo che prese il cappotto di Arthur, un portachiavi e un anello d’oro: era
sposato; non con la signora Kempsey, però, che fu rintracciata ma non seppe
ricordare di conoscere qualcuno che s’era imbarcato sul Titanic – tanto
meno suo marito. E se fosse stato il suo amante? Macché, gli amanti non mandano
cartoline; e se le mandano, è perché sanno di poterlo fare: sono amici di
famiglia, o cognati, o vicini di casa: e allora la signora Kempsey avrebbe
potuto tranquillamente ammettere che sì, aveva un amico o un vicino o un
cognato sul Titanic, e avrebbe pianto lo scomparso, e tutto sarebbe
finito lì e oggi sapremmo chi ha preso il cappotto bianco di Arthur May. Arthur
invece giace in fondo all’oceano, senza cappotto, e il cappotto è tutto ciò che
resta di lui.
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